I giovani italiani e la guerra Russia-Ucraina

La guerra, finora studiata come storia del Novecento, entra improvvisamente nella nostra quotidianità. E sono proprio i giovani italiani, spesso ritenuti disattenti alle vicende politiche e sociali del Paese, a esserne direttamente interessati.

Per questo MG Research ha pensato di ascoltarli per conoscere le loro idee in merito alle responsabilità del conflitto Russia-Ucraina, alle scelte da compiere relativamente a Nato e Unione Europea, al coinvolgimento del nostro paese in generale e di loro stessi in particolare.

L’indagine ha preso in considerazione i giovani italiani di età compresa tra i 18 e i 30 anni, divisi a loro volta in tre fasce di età: giovani tra i 18 e i 20 anni, tra i 21 e i 24 anni, tra i 25 e i 30 anni.

La ricerca evidenzia una certa consapevolezza dei giovani verso le questioni di fondo del conflitto Russo-Ucraino, ma anche orientamenti diversi su come contribuire alla difficile questione bellica che si è aperta nel cuore dell’Europa, dalla cooperazione in ambito sanitario e tecnologico all’eventuale arruolamento nei Corpi militari in prima linea, ove mai si verificasse una escalation tale da coinvolgere direttamente l’Italia.

Riportiamo i dati salienti dell’indagine.

I risultati in generale: consapevolezza ed equilibrio

Relativamente alla responsabilità, ben più della metà del campione intervistato (64,3%) ritiene che la Russia sia il principale responsabile del conflitto tra Russia e Ucraina, ma c’è anche il 12,9% che attribuisce responsabilità del conflitto a U.S.A. e NATO.

Elevatissima, come intuibile, la percentuale dei giovani che prendono le distanze dalle azioni d’intervento militare intraprese dalla Russia (85,6%).

Sui temi dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato e nell’Unione Europea, pur restando la maggioranza favorevole, i valori sono più contenuti: i favorevoli all’ingresso dell’Ucraina nella Nato sono infatti il 47,1% e il 61,7% per l’ingresso nell’Unione Europea.

Interessante il dato relativo al coinvolgimento diretto dell’Unione Europea nella guerra: i giovani sono molto cauti (il 50,7% è contrario), ma sono cauti anche sull’invio delle armi (52,6% favorevole).


I giovani italiani e l'invio delle armi

Sul tema dell’invio di aiuti umanitari all’Ucraina i valori si alzano di nuovo: l’87,1% degli intervistati è favorevole. Più bassa, seppure significativa, la percentuale sulla disponibilità diretta ad ospitare dei rifugiati (51,9%) – da tenere presente che il campione è costituito da giovani che spesso non hanno una situazione abitativa autonoma.


Le principali preoccupazioni dei giovani sugli effetti della guerra sono l’inflazione e l’aumento dei prezzi in generale, ma anche quella di un’estensione e di un coinvolgimento diretto nel conflitto.

Su un eventuale coinvolgimento dell’Italia, il campione si divide in tre blocchi omogenei, tra chi pensa che il coinvolgimento sia possibile, chi non lo crede possibile e chi non riesce ad esprimere un parere.

Molto interessanti sono le risposte che i giovani danno rispetto alle preferenze di impegno nel caso di coinvolgimento diretto del nostro paese: il settore del Corpo sanitario è il preferito (25%), seguito dal Corpo degli ingegneri (ricerca e sviluppo oltre che manutenzione) 10,7%, dall’Arma delle trasmissioni (telematica e guerra elettronica) 10,5%, dall’Arma dei trasporti e materiali (logistica e supporto al combattimento) 9,0%.

I giovani italiani e i corpi militari

I volontari, pronti a “scendere in campo”

Infine alcune considerazioni su coloro che si sono dichiarati favorevoli ad arruolarsi come “volontari” se il conflitto dovesse arrivare in Italia. Essi rappresentano il 24,6% del campione e sono composti dal 19.6% di giovani dai 18-20 anni, il 31.0% dai 21-24 anni e il 49.4% dai 25-30 anni.

I giovani italiani disposti ad arruolarsi

L’indagine rileva che il gruppo dei giovani italiani volontari si contraddistingue soprattutto per una maggiore disponibilità all’arruolamento nei diversi Corpi d’intervento.

Difatti, circa il 30,0% dei giovani italiani volontari – la media del totale campione è di circa il 12% – dichiara, in caso di una escalation tale da coinvolgere l’Italia nel conflitto, di voler dare un contributo nei corpi militari coinvolti in prima linea nell’eventuale conflitto armato.

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