La Bikeconomy e la mobilità sostenibile – parte 3

Intervista a Gianluca Santilli,
Presidente di “Osservatorio Bikeconomy”,

socio fondatore e vicepresidente di “SustainAbility Hub”.

3. Soggetti industriali emergenti nella Bikeconomy

Lo sviluppo della bici a pedalata assistita ha spinto vecchie e nuove aziende a ristrutturarsi per rispondere a una crescente domanda. In che modo?

Teniamo presente che l’Italia è leader per quanto riguarda i settori della bici. Abbiamo aziende storiche, come Bianchi, Campagnolo, Pinarello, Colnago, Wilier, ecc. Molte di queste aziende sono state però acquisite da soggetti esteri, perché evidentemente non sono state in grado di affrontare autonomamente la crescita. E su questo bisognerebbe fare delle riflessioni.

Teniamo presente che gran parte del nostro mercato della bicicletta ha una genesi artigianale, fatta di piccole botteghe familiari diventate poi aziende, loro malgrado. Non sono riuscite nel tempo a dotarsi di capacità interne per la gestione e la crescita, a strutturarsi adeguatamente, a gestire complessi passaggi generazionali, ad assumere manager, per competere con colossi che fatturano miliardi di dollari. In Italia abbiamo solo pochi player che superano i cento milioni di euro ed è chiaro che questo rende difficile la competizione a livello internazionale.

È anche vero che le aziende che sono state in qualche modo colte di sorpresa dall’incremento notevolissimo della bici. Solo in Italia la bici vende 2 milioni di pezzi e in Europa si vendono 22 milioni di pezzi. Per avere un raffronto con il comparto dell’automobile, in Europa si vendono 15 milioni di auto. È evidente l’importanza del mercato della bici.

Le industrie storiche del settore stanno faticando ad affrontare la nuova domanda e così entrano nuovi protagonisti, soggetti che facevano altro, provenienti dai settori delle auto e delle moto, ma anche soggetti non legati alla mobilità, che hanno fiutato il business. Aziende che hanno strutture adeguate anche dal punto di vista manageriale e capacità finanziaria. C’è dunque il rischio reale per le industrie storiche del settore di vedersi soppiantate dai new comers.

Bici anni '50

Bici anni ’50

Si stanno creando sistemi di filiera in questo settore?

Purtroppo si fa molta fatica a instaurare un sistema di filiera, che creerebbe un importante indotto di competenze integrate. Ma queste aziende hanno difficoltà a parlare e interagire. Noi, come “Osservatorio Bikeconomy”, stiamo facendo attività di supporto consulenziale alle aziende del settore, che spesso non sono in grado di sviluppare le loro aziende perché non hanno capacità manageriali, di marketing e di comunicazione per riuscire a penetrare nei mercati internazionali. È necessario che recuperino questi gap e che si affaccino al mondo della finanza e della borsa per potersi supportare da un punto di vista finanziario. È necessario inoltre che crescano culturalmente, perché la bikeconomy è un settore che ha un valore straordinario, essendo impiantato nel cuore della mobilità sostenibile. Un valore che si implementerà notevolmente nei prossimi anni.

3c mercato bici

Mercato delle bici

Quali sono le sue previsioni?

I numeri sono molto importanti, e fanno un certo effetto soprattutto per chi non è addetto a lavori. Quando l’Osservatorio realizzò il primo evento sulla Bikeconomy, nessuno immaginava che essa potesse valere centinaia di miliardi a livello europeo. Oggi stiamo a 500 miliardi di euro e le analisi dell’Osservatorio Bikeconomy e della European Cyclist’ Federation prevedono che nel 2030 arriveremo a 760 miliardi di euro.

Questo perché la Bikeconomy è un ecosistema totalmente sostenibile nell’ambito del quale ci sono tantissimi comparti di interessi: turismo, smart city, infrastrutture, ambiente, tecnologia, moda, ma soprattutto la salute, che è un elemento fondamentale che viene poco considerato.

Generalmente si pedala senza la consapevolezza che questo faccia bene alla salute; ma il beneficio nel pedalare arriva naturalmente e con grande efficacia.  La bici ha dunque un impatto diretto sulla qualità della vita della persona, oltre che sull’ambiente, sul clima e su tutti quei temi che sono al centro della sostenibilità del pianeta.

Perciò le previsioni sulla Bikeconomy non possono che essere di grande positività. Non a caso il Parlamento europeo è il primo che sta spingendo su questo comparto ed è evidente che coloro che saranno i player, gli imprenditori e i soggetti interessati a questo comparto, avranno grandi benefici. Sarà importante conoscere bene la Bikeconomy per centrare la realizzazione dei piani strategici mirati alla crescita delle aziende.

Come si inserisce Roma in questo contesto?

A livello di grandi città, e di Roma in particolare, è evidente che l’E-bike può divenire una chiave di volta molto importante. Roma ha più di due milioni di auto private circolanti, quasi tutte con un solo passeggero: che le guida. È evidente, dunque, che la città ha la necessità di diminuire il numero delle auto in circolazione, e avendo un sistema di trasporto pubblico inefficace – perché non ha adeguate reti metropolitane e gli autobus funzionano a singhiozzo – la bici può essere un importante strumento alternativo di mobilità urbana peraltro sostenibile.

Roma è anche avvantaggiata da un clima particolarmente favorevole e quindi le difficoltà dovute al freddo e alla pioggia sono molto limitate – anche se anche qui il gap è culturale, visto che nelle città del nord si pedala anche sotto la neve.

Per la città di Roma l’E-bike può rappresentare, peraltro, anche una soluzione da realizzare velocemente e a bassi costi, perché l’infrastruttura ciclabile costa un decimo di quella dedicata all’auto e si realizza in tempi molto brevi.

foto roma in bici

 Roma in bici

(a cura di G. Valleriani)