Il Parlamento Europeo sigla il primo regolamento sull’intelligenza artificiale al mondo

Nell’ambito della sua strategia digitale, l’UE vuole regolamentare l’intelligenza artificiale (AI) per garantire migliori condizioni per lo sviluppo e l’utilizzo di questa tecnologia innovativa.

L’intelligenza artificiale può creare molti vantaggi, per esempio una migliore assistenza sanitaria, trasporti più sicuri e puliti, produzione più efficiente ed energia più economica e sostenibile.

Nell’aprile 2021, la Commissione Europea ha proposto il primo quadro normativo dell’UE per l’IA, in cui si sostiene che i sistemi di intelligenza artificiale possono essere utilizzati in diverse applicazioni ma devono essere analizzati e classificati in base al rischio che rappresentano per gli utenti. I diversi livelli di rischio incideranno direttamente sulle modalità di utilizzo e applicazione.

AI Act Unione Europea

Parlamento Europeo

Le intenzioni del Parlamento nella stesura della legislazione sull’IA

La priorità del Parlamento è garantire che i sistemi d’intelligenza artificiale utilizzati nei Paesi europei siano sicuri, trasparenti, tracciabili, non discriminatori e rispettosi dell’ambiente. I sistemi d’intelligenza artificiale dovrebbero essere supervisionati dalle persone, piuttosto che dall’automazione, per prevenire esiti dannosi.

Il Parlamento vuole inoltre stabilire una definizione uniforme e neutrale, dal punto di vista tecnologico, per l’intelligenza artificiale che potrebbe essere applicata ai futuri sistemi di intelligenza artificiale.

AI Act Unione Europea

Foto generata dall’intelligenza artificiale da Article

“AI Act”: regole diverse per diversi livelli di rischio

Le recenti disposizioni contenuti nell’“AI Act” entra nel merito delle diverse questioni aperte. Le nuove regole stabiliscono obblighi per fornitori e utenti secondo il livello di rischio derivante dall’intelligenza artificiale. Anche laddove i sistemi d’Intelligenza artificiale comportino rischi minimi, essi devono essere valutati.

 

Il “rischio inaccettabile”

La prima messa a fuoco riguarda il cosiddetto “rischio inaccettabile”, cioè quando i sistemi d’intelligenza artificiale sono considerati una minaccia per le persone e dunque saranno oggetto di divieto.

Questi sono i casi inclusi:

• manipolazione cognitivo comportamentale di persone o specifici gruppi vulnerabili: ad esempio giocattoli ad attivazione vocale che incoraggiano comportamenti pericolosi nei bambini,

• distinzioni sociale: classificare le persone in base al comportamento, allo stato socioeconomico o alle caratteristiche personali,

• Identificazione biometrica e categorizzazione delle persone,

• Sistemi d’identificazione biometrica in tempo reale e remota, come il riconoscimento facciale.

Alcune eccezioni possono essere consentite per scopi di applicazione della legge. I sistemi d’identificazione biometrica remota “in tempo reale” saranno consentiti in un numero limitato di casi gravi, mentre i sistemi di identificazione biometrica remota “post”, in cui l’identificazione avviene dopo un ritardo significativo, saranno consentiti per perseguire reati gravi e solo dopo l’approvazione del tribunale.

 

Utilizzi ad “alto rischio”

I sistemi di IA che influiscono negativamente sulla sicurezza o sui diritti fondamentali saranno considerati ad alto rischio e saranno suddivisi in due categorie:

1) sistemi d’intelligenza artificiale utilizzati nei prodotti che rientrano nella legislazione sulla sicurezza dei prodotti dell’UE. Ciò include giocattoli, aviazione, automobili, dispositivi medici e ascensori.

2) sistemi di IA ricadenti in ambiti specifici che dovranno essere registrati in un database comunitario:

• Gestione e funzionamento delle infrastrutture critiche

• Istruzione e formazione professionale

• Occupazione, gestione dei lavoratori e accesso al lavoro autonomo

• Accesso e godimento dei servizi privati essenziali e dei servizi e benefici pubblici

• Forze dell’ordine

• Gestione della migrazione, dell’asilo e del controllo delle frontiere

• Assistenza nell’interpretazione giuridica e nell’applicazione della legge.

Tutti i sistemi di IA ad alto rischio saranno valutati prima di essere immessi sul mercato e anche durante tutto il loro ciclo di vita. Le persone avranno il diritto di presentare reclami sui sistemi d’intelligenza artificiale alle autorità nazionali designate.

AI Act Unione Europea

Requisiti di trasparenza

L’intelligenza artificiale generativa, come ChatGPT, non sarà classificata come ad “alto rischio”, ma dovrà rispettare i requisiti di trasparenza e la legge sul copyright dell’UE:

• divulgare che il contenuto è stato generato dall’intelligenza artificiale

• progettare il modello per evitare che generi contenuti illegali

• pubblicazione di riepiloghi dei dati protetti da copyright utilizzati per la formazione

I modelli d’intelligenza artificiale generica ad alto impatto che potrebbero comportare un rischio sistemico, come il modello di intelligenza artificiale più avanzato GPT-4, dovrebbero essere sottoposti a valutazioni approfondite e qualsiasi incidente grave dovrebbe essere segnalato alla Commissione europea.

I contenuti generati o modificati con l’aiuto dell’intelligenza artificiale – immagini, file audio o video (ad esempio deepfake) – devono essere chiaramente etichettati come generati dall’intelligenza artificiale in modo che gli utenti siano consapevoli quando s’imbattono in tali contenuti.

 

Sostenere l’innovazione

L’individuazione di ambiti specifici relativi ai rischi di utilizzo dell’IA nei diversi ambiti ha la finalità non restrittiva ma di stimolo all’innovazione nelle modalità giuste e di salvaguardia per l’utente.

La legge mira a offrire alle start-up e alle piccole e medie imprese l’opportunità di sviluppare e formare modelli di intelligenza artificiale prima del loro rilascio al grande pubblico.

Questo è il motivo per cui si richiede che le autorità nazionali forniscano alle aziende un ambiente di prova che simuli condizioni vicine al mondo reale.

 

Prossimi passi

Si prevede che il testo concordato venga adottato definitivamente nell’aprile 2024. Sarà pienamente applicabile 24 mesi dopo l’entrata in vigore, ma alcune parti saranno applicabili prima:

• Il divieto dei sistemi di IA che presentano rischi inaccettabili entrerà in vigore sei mesi dopo l’entrata in vigore

• I codici di condotta si applicheranno nove mesi dopo l’entrata in vigore

• Le norme sui sistemi di IA di carattere generale che devono rispettare i requisiti di trasparenza si applicheranno 12 mesi dopo l’entrata in vigore

I sistemi ad alto rischio avranno più tempo per conformarsi ai requisiti poiché gli obblighi che li riguardano diventeranno applicabili 36 mesi dopo l’entrata in vigore.

 

Il presente documento traduce e integra la sintesi del dispositivo legislativo apparso su “Article” apparso il 9-12-2023 nella pagina web del Directorate General for Communication del Parlamento Europeo.

 

Scarica il testo legislativo

Traduzione a cura di G. Valleriani/MG Research/03/2024

Il Parlamento Europeo sigla il primo regolamento

(Foto di KellySikkema su Unsplash)

Iniziative nazionali ed europee a tutela dei minori

di Riccardo Acciai, Centro Studi Privacy e Nuove Tecnologie

Il 19 febbraio scorso il commissario Ue al Mercato interno, Thierry Breton, ha annunciato su X l’apertura di un’indagine su TikTok “per sospetta violazione della trasparenza e degli obblighi di protezione dei minori”; tra i principali addebiti: un “design che crea dipendenza”, mancanza di meccanismi di verifica dell’età e difetto “di impostazioni di privacy predefinite”.
È sicuramente una delle più recenti prese di posizione da parte delle istituzioni europee che, dopo un lungo periodo di inerzia, negli ultimi anni sembrano aver preso consapevolezza di un problema che riguarda le giovani generazioni: accesso incontrollato ai social, contenuti inadatti, sfruttamento dei dati personali dei bambini e delle bambine.
Questa rinnovata attenzione ai minori si rinviene anche nella più recente produzione normativa con i nuovi obblighi imposti alle maggiori piattaforme dal Data Services Act (il regolamento europeo entrato in piena applicazione, con identiche norme per tutti i paesi dell’UE, il 17 febbraio scorso), che dovranno progettare interfacce on-line con il massimo livello di sicurezza e protezione (anche dei dati personali) dei minori, evitando, ad esempio, inserzioni pubblicitarie basate sulla loro profilazione e predisponendo misure mirate per tutelare i loro diritti, a partire dagli strumenti di verifica dell’età e di controllo parentale fino alla previsione di strumenti volti a supportare minori che intendano segnalare abusi o chiedere aiuto.
Si tratta di un poderoso ausilio alle disposizioni già introdotte dal Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali, che già aveva previsto importanti garanzie nei riguardi dei più giovani, ma che in larga parte, sono rimaste inattuate proprio per le inadempienze delle piattaforme; queste ultime, infatti, pur disponendo di enormi capacità tecnologiche, non hanno mai posto in essere, finora, seri sistemi di verifica dell’età dei loro utenti, consentendo quindi un accesso indiscriminato anche dei più piccoli a contenuti spesso inappropriati.

Foto di Alexander Dummer su Unsplash

Foto di Alexander Dummer su Unsplash

In ambito nazionale, il legislatore italiano, dopo i dolorosi fatti di Caivano ha emanato il decreto-legge n. 123/2023 “Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale“, convertito poi con la legge n. 159/2023. Le disposizioni ivi contenute prevedono, fra le molte altre cose, l’obbligo, per i fornitori dei servizi di comunicazione elettronica, di assicurare la disponibilità delle applicazioni di controllo parentale nell’ambito dei contratti di fornitura di tali servizi e l’obbligo per i produttori di dispositivi di telefonia mobile e simili di assicurare l’installazione di default di tali applicazioni nei nuovi dispositivi immessi sul mercato. Viene inoltre previsto che i produttori di tali dispositivi informino l’utenza circa la possibilità e l’importanza di installare le suddette applicazioni d controllo parentale, che dovranno essere messe a disposizione a titolo gratuito. Infine, vengono introdotte norme per favorire l’alfabetizzazione digitale e mediatica a tutela dei minori, anche con specifiche campagne informative. 
In quest’ultimo quadro si colloca la recente ricerca realizzata dall’Alta Scuola in Media, comunicazione e spettacolo (Almed) e dal Centro di ricerca sui media e la comunicazione (OSSCOM) dell’Università Cattolica di Milano, volta ad identificare i comportamenti di bambini e adolescenti in rete. La ricerca, presentata, il 15 febbraio scorso, ha preso in considerazione un campione di bambini e ragazzi tra gli 8 e i 15 anni, dividendoli in tre fasce (8-10; 11-13; 14-15). Fra i risultati più interessanti, è emerso che il 65% degli intervistati dichiara di rimanere on-line 1-3 ore al giorno, mentre uno su cinque vi rimane anche oltre le 4 ore; sette intervistati su dieci usano regolarmente i social network, la metà già tra gli 8 e i 10 anni. Sotto il profilo dell’autovalutazione circa i corretti comportamenti da tenere on-line emerge un quadro apparentemente confortante con la grande maggioranza degli intervistati che ritiene di sapere come muoversi con telefonini e computer.

Foto di Maria Thalassinou su Unsplash

Foto di Maria Thalassinou su Unsplash

In realtà, purtroppo, i numerosi casi di cronaca non sembrano avallare queste convinzioni, dando l’idea forse di una sottovalutazione di certi rischi da parte della giovane utenza. D’altronde, se si considerano i dati sopra riportati con il fatto che tutti i social network dovrebbero essere vietati ai minori di 13 anni, appare abbastanza chiaro che il potenziamento dei sistemi di verifica dell’età e degli strumenti di controllo parentale è ormai ineludibile. Al pari di un’attività di sensibilizzazione che però non dovrebbe raggiungere solo i minori ma anche i loro genitori, considerato che è da loro che dipendono la scelta, l’acquisto del telefonino o del computer e la fissazione delle relative regole di utilizzo. Se non vengono “alfabetizzati” e “avvertiti” gli adulti, è difficile che possano farlo i più piccoli.

Iniziative nazionali ed europee a tutela dei

Intervista ad Antonio Barreca
Direttore Generale Federturismo

logo Federturismo a bandiera blu

La pandemia ha segnato un prima e dopo in quasi tutti i settori economici. In che modo ha inciso nel settore del turismo e nel comparto alberghiero? Si può parlare di un turismo “prima e dopo” Covid? Quali sono i tratti distintivi, se ci sono?

Il turismo – che senza alcun dubbio è stato tra i settori maggiormente colpiti dalla pandemia – sembra essere rinato tornando ai livelli del 2019. Ed è l’ecommerce a trainare la crescita del travel nazionale: vale 20,4 miliardi di euro nell’ospitalità e sfiora i 17 miliardi nei trasporti. Il comparto ricettivo ha raggiunto, nel 2023, 36,6 miliardi di euro e per il 2024 si prevede di potere arrivare a un totale tra i 37,2 e i 41,2 miliardi.

Sono cambiati i comportamenti, le preferenze e le attitudini dei viaggiatori e l’obiettivo per il prossimo futuro è generare valore economico e nuove opportunità per le destinazioni, puntando su sostenibilità, innovazione ed esperienzialità. Si sta facendo sempre più strada quella nuova dimensione del viaggio in grado di creare un legame forte tra destinazione e visitatore, offrendo la possibilità di fruire di una proposta turistica non solo durante il soggiorno, ma di dilatarla nel tempo e nello spazio attraverso canali digitali.

Customer Journey Mapping

Customer Journey Map

Tutto ciò comporta un necessario adeguamento da parte delle imprese che devono rimodellare le loro strategie di comunicazione per una customer journey dove il digitale deve riuscire ad anticipare e a dilatare l’esperienza fisica, oltre che a trasmettere i veri valori di un luogo. Molti alberghi hanno già iniziato a pensare al pre-arrivo come a una strategia di marketing, alcune catene stanno vendendo prodotti gastronomici o artigianali attraverso portali di e-commerce e i tour operator su alcune destinazioni hanno già inserito i tour virtuali. La pandemia ha, inoltre, generato nuove modalità per i soggiorni fuori casa che, grazie allo smart working, consentono al turista di coniugare lavoro e vacanza, con un vantaggio in termini di allungamento del periodo di permanenza. Dopo il Covid è, infine, emersa un’esigenza di sicurezza e di garanzia in tutte le fasi del viaggio che ha portato ad un maggiore ricorso alle assicurazioni specializzate e alla richiesta di polizze più flessibili, con coperture più ampie.

Vanity Fair, hotel a Trastevere, Roma

Hotel a Trastevere, Roma – da Vanity Fair

Il post pandemia ha generato una grande euforia per il viaggio, per ritornare a girare il mondo dopo due anni di fermo. Come si sono organizzate le imprese alberghiere per la nuova domanda?
Il 2023 ha rappresentato l’anno di grande ripartenza dell’industria turistica in cui sono tornati i turisti americani, cinesi e gli europei hanno prenotato vacanze anche fuori stagione grazie al clima estivo protratto fino a ottobre. Nel primo semestre del 2023 nelle strutture ricettive italiane si è registrato un +13% di presenze rispetto al 2022, fra giugno e agosto le presenze straniere hanno superato i 100 milioni e gli investimenti nel settore alberghiero, nell’anno appena conclusosi, hanno oltrepassato il miliardo di euro. La risposta a questa costante e crescente domanda è il susseguirsi nelle principali città italiane di nuove aperture alberghiere con molti luxury brand internazionali che stanno facendo il loro ingresso.

In un Paese che continua ad essere ai primi posti nella lista delle destinazioni più desiderate e visitate dai viaggiatori di tutto il mondo è essenziale riqualificare e diversificare la nostra offerta ricettiva.

turismo lento in bici

Turismo sostenibile

Un tema oggi all’ordine del giorno per l’economia, ma anche per l’intera società, è quello della “sostenibilità”. Che cosa significa questo per il settore alberghiero e come si sta riorganizzando per rispondere alle nuove finalità di risparmio energetico e del cosiddetto Carbon Zero? Ma si coniuga competitività e sostenibilità nel vostro settore?

Con la pandemia la sensibilità per il turismo sostenibile è cresciuta in Italia, non coinvolgendo solo i clienti, ma estendendosi agli operatori. La crisi ha intensificato importanti fenomeni evolutivi della domanda turistica che destinazioni e imprese stanno cogliendo per reinventarsi e proporre nuove offerte di valore.

Un nuovo paradigma su cui ricostruire un modello di turismo più vicino ai territori, più sensibile e meno invasivo. L’eccessiva concentrazione territoriale e temporale dei flussi può e deve essere ripensata, occorre rivedere il modello di fruizione territoriale per garantire una distribuzione più omogenea su tutto il territorio nazionale. Occorre fare largo alle startup innovative nel settore della transizione ecologica, ma anche a tutte quelle strategie sostenibili che il tessuto imprenditoriale può adottare: il risparmio energetico, il riciclo, la lotta agli sprechi, l’inclusione, l’economia circolare, un approccio etico alla governance aziendale: tutti accorgimenti sostenibili che possono fare la differenza.

L’impegno alla sostenibilità da parte delle imprese non solo fa bene all’ambiente, ma viene anche premiato dai consumatori. Crescono i consumatori disposti a pagare un po’ di più per un prodotto sostenibile.

La maggior parte degli imprenditori alberghieri è impegnata sul versante della sostenibilità con l’uso di prodotti a ridotto impatto ambientale, l’efficientamento energetico degli impianti e la predisposizione di colonnine di ricarica per veicoli elettrici. Per consentire però ad un’impresa di essere sostenibile occorrono le giuste disponibilità per investire e le risorse del Pnrr si sono rivelate insufficienti rispetto alle reali esigenze degli operatori. La destagionalizzazione è cruciale, ma per rendere sostenibile l’operatività delle strutture alberghiere tutto l’anno si rivela necessaria una decontribuzione nei periodi di bassa stagione.

la vendemmia e il turismo esperienziale

La vendemmia e il turismo esperienziale – da Progetto Artes

L’offerta di servizi sembra oggi essere orientata a offerte di carattere “esperienziale”. In che modo può essere inteso il “turismo esperienziale”? Come muta la combinazione di domanda tra relax, cultura, scoperta di piccoli borghi… ect?

Oggi, chi visita una destinazione turistica, sente sempre più forte il bisogno di vivere una vacanza fatta di attività coinvolgenti, che lo conducano alla scoperta del territorio in tutte le sue infinite possibilità. Il turista esperienziale è alla ricerca di unicità e autenticità, di momenti vissuti che restino impressi nella memoria per essere custoditi e, al tempo stesso, raccontati e condivisi. Si tratta di un trend in forte crescita che può costituire un’opportunità importante di diversificazione delle proposte delle destinazioni italiane, rivolto  a chi è in cerca di una vacanza diversa dal solito, lontano dalle mete più affollate e a contatto con il territorio. Le esperienze da fare in loco sono ormai centrali nella decisione di un viaggio: l’esperienza viene acquistata anche prima del trasporto e della struttura ricettiva, è un fenomeno nuovo e in crescita che si deve seguire per capire come stanno cambiando le preferenze dei viaggiatori. E’ importante tenere in considerazione che quanto più è positiva l’esperienza del turista che viaggia e visita il nostro Paese, tanto più ne beneficia la reputazione e l’influenza dell’Italia nel mondo.

turismo accessibile

Turismo sostenibile e accessibile

Altro tema, legato in qualche modo a quello della sostenibilità, è quello dell’accessibilità. La possibilità di offrire alle fasce deboli la possibilità di poter usufruire dei servizi del tempo libero a pari delle persone abili.

Secondo lei c’è necessità di recuperare il gap che sembra caratterizzare l’offerta italiana?
In che modo?

Ogni paese deve essere accessibile a tutti. Per rispondere alle richieste del turista con disabilità non basta eliminare le barriere architettoniche nelle singole strutture, ma si deve progettare un sistema ospitale che permetta di vivere un’esperienza completa di vacanza attraverso informazioni dettagliate ed esaustive sul livello di accessibilità di tutte le strutture e dei servizi presenti in una destinazione. Ma un simile intervento va oltre le possibilità dei singoli operatori e richiede un coordinamento ed un forte coinvolgimento anche degli enti pubblici locali. Attualmente esiste un fondo di 18 milioni, distribuito in tre anni (2022-2023-2024) destinato alla certificazione delle imprese ricettive, termali, balneari e degli impianti sportivi, che possono essere riconosciute idonee ad accogliere tutte le persone, ma per un turismo più inclusivo sono ancora molti gli sforzi da affrontare e le risorse da destinare.

(A cura di Gianfranco Valleriani/MgResearch)

Intervista ad Antonio Barreca, Direttore Generale Federturismo

Intervista a Gianluca Santilli,
Presidente di “Osservatorio Bikeconomy”,

socio fondatore e vicepresidente di “SustainAbility Hub”.

3. Soggetti industriali emergenti nella Bikeconomy

Lo sviluppo della bici a pedalata assistita ha spinto vecchie e nuove aziende a ristrutturarsi per rispondere a una crescente domanda. In che modo?

Teniamo presente che l’Italia è leader per quanto riguarda i settori della bici. Abbiamo aziende storiche, come Bianchi, Campagnolo, Pinarello, Colnago, Wilier, ecc. Molte di queste aziende sono state però acquisite da soggetti esteri, perché evidentemente non sono state in grado di affrontare autonomamente la crescita. E su questo bisognerebbe fare delle riflessioni.

Teniamo presente che gran parte del nostro mercato della bicicletta ha una genesi artigianale, fatta di piccole botteghe familiari diventate poi aziende, loro malgrado. Non sono riuscite nel tempo a dotarsi di capacità interne per la gestione e la crescita, a strutturarsi adeguatamente, a gestire complessi passaggi generazionali, ad assumere manager, per competere con colossi che fatturano miliardi di dollari. In Italia abbiamo solo pochi player che superano i cento milioni di euro ed è chiaro che questo rende difficile la competizione a livello internazionale.

È anche vero che le aziende che sono state in qualche modo colte di sorpresa dall’incremento notevolissimo della bici. Solo in Italia la bici vende 2 milioni di pezzi e in Europa si vendono 22 milioni di pezzi. Per avere un raffronto con il comparto dell’automobile, in Europa si vendono 15 milioni di auto. È evidente l’importanza del mercato della bici.

Le industrie storiche del settore stanno faticando ad affrontare la nuova domanda e così entrano nuovi protagonisti, soggetti che facevano altro, provenienti dai settori delle auto e delle moto, ma anche soggetti non legati alla mobilità, che hanno fiutato il business. Aziende che hanno strutture adeguate anche dal punto di vista manageriale e capacità finanziaria. C’è dunque il rischio reale per le industrie storiche del settore di vedersi soppiantate dai new comers.

Bici anni '50

Bici anni ’50

Si stanno creando sistemi di filiera in questo settore?

Purtroppo si fa molta fatica a instaurare un sistema di filiera, che creerebbe un importante indotto di competenze integrate. Ma queste aziende hanno difficoltà a parlare e interagire. Noi, come “Osservatorio Bikeconomy”, stiamo facendo attività di supporto consulenziale alle aziende del settore, che spesso non sono in grado di sviluppare le loro aziende perché non hanno capacità manageriali, di marketing e di comunicazione per riuscire a penetrare nei mercati internazionali. È necessario che recuperino questi gap e che si affaccino al mondo della finanza e della borsa per potersi supportare da un punto di vista finanziario. È necessario inoltre che crescano culturalmente, perché la bikeconomy è un settore che ha un valore straordinario, essendo impiantato nel cuore della mobilità sostenibile. Un valore che si implementerà notevolmente nei prossimi anni.

3c mercato bici

Mercato delle bici

Quali sono le sue previsioni?

I numeri sono molto importanti, e fanno un certo effetto soprattutto per chi non è addetto a lavori. Quando l’Osservatorio realizzò il primo evento sulla Bikeconomy, nessuno immaginava che essa potesse valere centinaia di miliardi a livello europeo. Oggi stiamo a 500 miliardi di euro e le analisi dell’Osservatorio Bikeconomy e della European Cyclist’ Federation prevedono che nel 2030 arriveremo a 760 miliardi di euro.

Questo perché la Bikeconomy è un ecosistema totalmente sostenibile nell’ambito del quale ci sono tantissimi comparti di interessi: turismo, smart city, infrastrutture, ambiente, tecnologia, moda, ma soprattutto la salute, che è un elemento fondamentale che viene poco considerato.

Generalmente si pedala senza la consapevolezza che questo faccia bene alla salute; ma il beneficio nel pedalare arriva naturalmente e con grande efficacia.  La bici ha dunque un impatto diretto sulla qualità della vita della persona, oltre che sull’ambiente, sul clima e su tutti quei temi che sono al centro della sostenibilità del pianeta.

Perciò le previsioni sulla Bikeconomy non possono che essere di grande positività. Non a caso il Parlamento europeo è il primo che sta spingendo su questo comparto ed è evidente che coloro che saranno i player, gli imprenditori e i soggetti interessati a questo comparto, avranno grandi benefici. Sarà importante conoscere bene la Bikeconomy per centrare la realizzazione dei piani strategici mirati alla crescita delle aziende.

Come si inserisce Roma in questo contesto?

A livello di grandi città, e di Roma in particolare, è evidente che l’E-bike può divenire una chiave di volta molto importante. Roma ha più di due milioni di auto private circolanti, quasi tutte con un solo passeggero: che le guida. È evidente, dunque, che la città ha la necessità di diminuire il numero delle auto in circolazione, e avendo un sistema di trasporto pubblico inefficace – perché non ha adeguate reti metropolitane e gli autobus funzionano a singhiozzo – la bici può essere un importante strumento alternativo di mobilità urbana peraltro sostenibile.

Roma è anche avvantaggiata da un clima particolarmente favorevole e quindi le difficoltà dovute al freddo e alla pioggia sono molto limitate – anche se anche qui il gap è culturale, visto che nelle città del nord si pedala anche sotto la neve.

Per la città di Roma l’E-bike può rappresentare, peraltro, anche una soluzione da realizzare velocemente e a bassi costi, perché l’infrastruttura ciclabile costa un decimo di quella dedicata all’auto e si realizza in tempi molto brevi.

foto roma in bici

 Roma in bici

(a cura di G. Valleriani)

Intervista a Gianluca Santilli, Presidente “Osservatorio Bikeconomy”

L’indagine – svolta su un campione di mille intervistati – ha analizzato le abitudini di risparmio degli italiani. Da popolo di risparmiatori, pur restando propensi al risparmio, le vicende degli ultimi anni mettono a dura prova le possibilità di risparmi degli italiani. Con l’inflazione al 20%, l’aumento degli affitti e del costo degli immobili, oltre la metà delle famiglie (il 57,5%) registra una diminuzione dell’entità dei propri risparmi rispetto al 2022: il 70% riesce a risparmiare fino a un massimo del 20% delle proprie entrate mensili, il 12,4% non riesce a risparmiare per nulla.
E il risparmio delle famiglie con minor reddito si orienta verso strumenti finanziari più sicuri e meno a rischio, anche se meno profittevoli. L’investimento – finanziario e immobiliare – diventa un lusso, appannaggio esclusivo per le fasce sociali più agiate.

>>> Scarica l’intero articolo (PDF)

©mgresearch2024

Indagine Mg Research per L’Espresso

Intervista a Gianluca Santilli, Presidente di “Osservatorio Bikeconomy”,
socio fondatore e vicepresidente di “SustainAbility Hub”.

2. La Bikeconomy in Italia e in Europa

In alcune realtà urbane l’utilizzo della bicicletta è abbastanza diffuso in altre meno. Esiste una questione geografica o di dimensione delle città?
Il tema va diviso in due parti: l’utilizzo della bicicletta per una mobilità, urbana o interurbana, e quello a finalità turistiche, per raggiungere i piccoli borghi o mete naturalistiche.
In generale, possiamo dire che non c’è, come si potrebbe pensare, una netta differenza Nord-Sud, con un Nord più avanti.
L’utilizzo della bicicletta nelle piccole città diventa quasi indispensabile e se parliamo di borghi tra loro vicini la bicicletta è ideale e consente di godere pienamente l’ambiente naturale e il paesaggio.
Per quanto riguarda invece le città, ci sono realtà al Sud in cui la mobilità funziona bene. Un esempio su tutti è la città di Bari, il cui sindaco è stato bravo a rendere la città, peraltro caotica e con quartieri anche un po’ difficili dal punto di vista della sicurezza, molto fruibile. Grazie anche a questi tipi di interventi legati alla mobilità sostenibile, Bari è diventata una delle più attrattive a livello italiano.
Possiamo quindi dire che l’uso della bici in Italia è a macchia di leopardo; le città emiliane sono per definizione quelle che fanno più uso della bici; Bologna sta introducendo i 30 km orari; Milano ha già fatto un Biciplan che riguarda tutta la sua provincia e che diventerà, se attuata, uno dei luoghi più ciclabili a livello europeo. Roma invece sta cercando solo adesso, e con molta fatica, di varare un Biciplan cittadino.
Dunque non c’è un gap che taglia l’Italia del Nord a quella del Sud ma problematiche e capacità legate alle politiche delle singole amministrazioni. Credo che su questo tema sarebbe necessario un intervento a livello politico centrale che dia delle linee guida univoche per l’intero territorio nazionale.

CAMBIO Biciplan Milano

CAMBIO Biciplan Milano

C’è anche un aspetto culturale legato alla bicicletta, sia dal punto di vista personale, sia dal punto di vista sociale, non essendo la bicicletta in Italia uno “status symbol”.
Ricordiamo che a livello europeo anche le Istituzioni della UE hanno considerato prioritario l’utilizzo della bicicletta. Il 16 febbraio scorso il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione che sollecita Stati membri e Commissione a spingere sull’utilizzo della bicicletta, il cui ecosistema vale 500 miliardi.
Le grandi città europee, da tempo, hanno attivato un tipo di mobilità che considera la bicicletta decisiva nella inter-modalità del trasporto urbano.
Su questo tema l’Italia siamo molto indietro e ne risente soprattutto la sicurezza stradale. Abbiamo il triste primato di oltre tremila morti l’anno. È chiaro che una mobilità sostenibile andrebbe direttamente a ridurre quelle drammatiche cifre e i relativi i costi. I morti e gli incidenti costano 16 miliardi l’anno. Perciò è indispensabile che l’Italia si mobiliti rapidamente per ridurre il dramma e il costo che ne consegue.
In Europa non si pensi solo ad Amsterdam o Copenaghen. Tutte le grandi metropoli, a cominciare da Londra, Parigi Madrid e Berlino, da anni hanno scelto la mobilità sostenibile, riducendo drasticamente l’uso dell’auto privata, grazie anche a penalizzazioni economiche specifiche.
La riduzione dell’uso privato dell’automobile è una delle necessità per rendere la mobilità sostenibile. Ovviamente puntare sulla bicicletta significa anche creare un sistema di infrastrutture che ne renda sicuro l’utilizzo. La sicurezza è un punto centrale della mobilità con la bici, visto che tanti non la utilizzano per paura.

bologna bike sharing

Bologna Bike Sharing.

Dunque un manager può utilizzare la bicicletta per andare a lavoro?
Una manager “deve” utilizzarla per andare a lavoro. In Italia un manager che si sposta in bicicletta è considerato un marziano; a Londra un manager mette la sua bicicletta, che spesso è anche di pregio, perché sostituisce l’auto e diventa status symbol, dietro la scrivania.
Ecco il salto culturale che è indispensabile che noi facciamo.

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Biciclette a Trieste da Corriere Web Sezioni

(a cura di G. Valleriani)

Intervista a Gianluca Santilli, Presidente “Osservatorio Bikeconomy”

Intervista a Gianluca Santilli, Presidente di “Osservatorio Bikeconomy”,
socio fondatore e vicepresidente di “SustainAbility Hub”.

A cura di Gianfranco Valleriani

1. La bici ieri e oggi: nuovi usi nella mobilità

La bici è stata comunemente considerata come un mezzo per il tempo libero, salvo rare eccezioni. Ma dal dopoguerra progressivamente si ampliano le sue modalità di utilizzo e oggi ci troviamo a considerare la bicicletta un vero e proprio mezzo di mobilità, principalmente urbana, ma non solo. Ci può brevemente parlare di questo fenomeno che si sta rivelando centrale nelle riflessioni sulle nuove mobilità?
La bicicletta è in realtà uno dei primi strumenti di mobilità. Nasce nell’Ottocento, per l’esattezza nel 1817, inventata dal barone tedesco Karl von Drais e quindi 60 anni prima dell’auto. Molte aziende automobilistiche come Rover e Peugeot, prima di realizzare auto producevano biciclette e, secondo gli orientamenti che si prevedono nel futuro, è probabile che la bicicletta sopravanzerà l’uso dell’auto.
La bicicletta viene inizialmente utilizzata soprattutto per un uso sportivo ed anche per finalità agonistiche – come il Giro d’Italia, il Tour de France e le altre grandi corse.
Negli anni del famoso film Ladri di bicicletta, essa era uno strumento per muoversi; siamo a ridosso del dopoguerra, un periodo difficile, non c’erano soldi e si ricorreva alla bicicletta, strumento di mobilità dell’epoca.
Poi la bici, in Italia, è stata abbandonata a favore dell’auto privata, simbolo del boom economico degli anni ‘60.
In questi ultimi decenni si è assistito ad un uso crescente e sempre più spropositato dell’auto privata.
Oggi la bicicletta, anche grazie alla “bici che non c’era”, cioè l’e-bike – che è corretto definire ”bicicletta a pedalata assistita” e non “bici elettrica” per non confonderla con un motorino elettrico – torna al centro dell’attualissima questione della mobilità.
L’e-bike, che ha bisogno di un seppur modulabile sforzo “fisico”, fa bene alla salute e diventa uno strumento democratico, perché con l’e-bike, tutti si possono muovere in bicicletta.

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Coppi e Bartali, la foto entrata nel mito delle due ruote, dove nessuno sa chi passò la “borraccia”

L’ampliamento dell’uso della bici sta avvenendo non solo nella quotidianità dei cittadini ma anche nel settore del turismo.
Esatto. Pochi sanno che il cosiddetto “cicloturismo” in Europa vale 50 miliardi. In Italia vale 7 miliardi, ma 20 in Germania, che ha capito per tempo che questo è un filone fondamentale del nuovo turismo attivo ed esperienziale.
Al turismo tipicamente di relax, di chi va al mare e riposa sul lettino sotto l’ombrellone, o in montagna e si limita ad ammirare vette e vallate, si sta sostituendo il nuovo turismo di chi vuole esser parte attiva e integrante del contesto naturale. E la bicicletta diventa lo strumento ideale per visitare i magnifici territori e borghi italiani.
Quest’anno i turisti che sono arrivati sul posto ed hanno provato la bici, appassionandosi, sono stati molti di più dei cosiddetti cicloturisti che partono per le vacanze da casa con la bici sull’auto.
Questo nuovo fenomeno si sta sviluppando così velocemente proprio grazie alla “bici a pedalata assistita” che consente a tutti i membri della famiglia di poter raggiungere luoghi prima accessibili solo a pochi, come per esempio i rifugi montani, mete esclusive di chi era particolarmente allenato per affrontare sforzi non banali. E genera un flusso finanziario importantissimo, perché l’Italia è passata da 5 a 7 miliardi nel giro di un anno spontaneamente, senza nessun tipo di incentivo o di supporto finanziario da parte dello Stato. Immaginiamo l’enorme sviluppo che potrebbe avere questo settore, che è già molto vitale, con incentivi che possano favorirne la diffusione.

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Città di Copenhagen.

Ritiene che l’e-bike avrà un ruolo significativo nell’ambito del sistema della mobilità urbana?
Pochi lo sanno, ma Amsterdam non nasce come città delle biciclette e dei tulipani. Amsterdam era una città ingolfata di traffico come lo è ancora oggi Roma. Alla crisi petrolifera sfociata nell’austerity, nel 1973, la risposta governativa fu quella di far capire ai cittadini che altre crisi energetiche avrebbero potuto incidere molto pesantemente sull’economia. E da li è partita la rivoluzione che ha visto Amsterdam, i Paesi Bassi e Copenaghen e la Danimarca come antesignani di questa rivoluzione della mobilità.
Rivoluzione che oggi riguarda tutte le grandi città.
Tutte le metropoli hanno la necessità di diventare smart ed è impensabile che una città sia smart se la sua mobilità non è smart. E dunque la biciletta torna ad essere centrale, perché gran parte degli spostamenti sono inferiori ai 10 chilometri, che oggi vengono fatti in auto, spesso da soli. L’auto ingombra spazi urbani che possono diventare vitali per far tornare le città a misura d’uomo, di cittadino.
Ecco perché il bike sharing è diventato centrale nelle grandi metropoli, ed è fatto quasi sempre con bici a pedalata assistita, perché consente a chiunque, anche a chi va a lavorare in giacca e cravatta, di muoversi senza alcun problema e con uno sforzo che può essere deciso autonomamente, in totale libertà, raggiungendo senza stress e molto rapidamente la destinazione, a prescindere dal traffico e senza l’incubo del parcheggio.
La bicicletta torna a ridare qualità alla vita urbana, e sarà sempre più centrale nel sistema della mobilità sostenibile nelle grandi metropoli.

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Bici nel centro di Roma

Intervista a Gianluca Santilli, Presidente “Osservatorio Bikeconomy”

La collaborazione tra MG Research e il Centro studi privacy e nuove tecnologie è appena iniziata e si è già creata un’ottima occasione di unire le reciproche esperienze: lo scorso 22 ottobre si è svolta infatti, in una bella cornice di pubblico attento e competente, la tavola rotonda organizzata dal Centro Studi “AI Dystopia. The Inglorious End of Privacy?” nell’ambito della 5^ Conferenza italiana dell’Istituto nazionale di robotica e macchine intelligenti – I-RIM, presso il Maker Faire 2023 tenutosi alla Fiera di Roma.
L’incontro è stato aperto da un’introduzione di Angelo Cianciosi, CEO di MG Research, che ha avviato la discussione commentando due brevi video: uno tratto dal film di animazione Wall-e del 2008, diretto da Andrew Stanton, che immagina un futuro in cui l’uomo, ormai totalmente dipendente dalle macchine che ha creato, non riesce ad evitare l’ingloriosa fine del proprio genere sepolto dai rifiuti e la pubblicità del progetto “Tonomus” di NEOM che si propone di realizzare una città “cognitiva” in cui tutto sia regolato dall’intelligenza artificiale, capace di comprendere tutti i bisogni dell’Uomo, in un’ottica costantemente evolutiva. E allora, la domanda da porsi è cosa accadrà quando l’intelligenza artificiale sarà in grado di prevedere l’imprevedibilità umana, di immaginare anche i nostri cambiamenti di umore o di abitudine?

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Questa la domanda provocatoria lanciata da Cianciosi e ripresa da Daniele Perucchini, ricercatore senior della Fondazione Ugo Bordoni, oltre che socio fondatore del Centro Studi, chiamato a moderare la discussione.
Il primo a confrontarsi con tale scenario è stato l’ing. Giuseppe d’Acquisto, funzionario del dipartimento tecnologico presso il Garante per la protezione dei dati personali e titolare dell’insegnamento di intelligenza artificiale presso la LUISS, il quale ha posto in discussione il fatto che possa parlarsi di una distopia dell’intelligenza artificiale e, soprattutto, che questa comporti la fine della privacy. La storia, almeno finora, ha mostrato che i grandi cambiamenti trovano comunque, con maggiore o minore difficoltà, un momento di maturità in cui i vari interessi in gioco giungono a contemperarsi.
La dott.ssa Costanza Andreini, Public Policy Manager per l’Italia di Meta, ha evidenziato che la sua Azienda, affronta le nuove sfide introdotte dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale coinvolgendo gruppi di esperti (tra cui sociologi, psicologi, ecc.) che hanno il compito di aiutare a considerare, in ogni nuovo passaggio tecnologico, i problemi etici posti dall’AI. Lo stesso sviluppo degli applicativi è quindi fortemente condizionato dalla massima attenzione agli aspetti etici messi in luce da questi gruppi, ad esempio, affrontando più concretamente di quanto fatto finora il problema della privacy “collettiva”, in aggiunta a quella “personale”. Sicuramente più complesso è il problema di individuare “un’etica” da proteggere, in quanto occorrerebbe innanzitutto individuare quale sia questa etica particolare ed assoluta da tutelare.
Ha chiuso quindi il ciclo degli interventi, il prof. Franco Pizzetti, professore di diritto costituzionale nell’Università di Torino, ma soprattutto ex Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, il quale con un approfondito ed apprezzato discoro ha messo in evidenza come i vorticosi sviluppi della tecnologia di questi ultimi anni, ivi compresa l’evoluzione dell’intelligenza artificiale, rischino di mettere in crisi un certo modo di proteggere la riservatezza degli individui e l’esigenza quindi di correre ai ripari il prima possibile sperimentando approcci innovativi anche in questo campo, non fossilizzandosi sulla semantica classica della protezione e della tutela.
L’ing. Perucchini, nel tirare le conclusioni del giro di tavolo, ha sottolineato che il problema di evitare la “distopia” non appare egualmente riconosciuto trai i vari attori che operano nel campo dell’intelligenza artificiale e tra gli stessi decisori pubblici: occorre pertanto incoraggiare i contributi provenienti da altri settori della ricerca e della cultura, a partire dalla sociologia, dalla psicologia, dalle altre scienze sociali, sperando che dal confronto possano scaturire idee “condivise”; l’alternativa è che sia il “mercato” a decidere e realizzare l’etica dell’IA, seguendo esclusivamente le proprie regole, sia pure mitigate dalla consapevolezza che le aziende più attente e sensibili hanno della delicatezza del problema.
L’incontro si è chiuso con le risposte a numerose e articolate domande provenienti dal pubblico, a testimonianza dell’interesse su un tema di primaria importanza, che continuerà a catalizzare l’attenzione nei prossimi anni, poiché sarà essenziale valutare, passo dopo passo, gli impatti dell’AI sui diversi aspetti, non solo normativi ed economici, ma proprio sul modello di società in cui i cittadini avranno scelto di vivere e nel quale, a presidio dello sviluppo di una società libera e garantista, la stessa nozione di Privacy potrebbe spostarsi da una tutela dell’individuo a quella della collettività.

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L’inflazione è da alcuni anni aumentata in maniera rilevante nel nostro paese, con un picco di crescita che a ottobre 2022 ha raggiunto l’11,8%. Negli ultimi mesi oscilla tra il 6,4% e il 5,4%.

Gli italiani hanno percepito l’aumento dei prezzi nei diversi settori e ciò ha modificato in maniera decisiva, anche se differente per i diversi target, il proprio comportamento d’acquisto dei beni.

L’indagine è stata realizzata da Mg Research su un campione rappresentativo della popolazione italiana tramite questionari auto compilati con tecnica CAWI (Computer Assisted Web Interview) su panel proprietario di MG Research di 1.000 intervistati.

L’indagine rileva un comportamento molto razionale e ragionevole degli italiani sui temi dell’acquisto e del risparmio.

Grafico 3

La grande maggioranza degli intervistati ha infatti dovuto ridurre i propri consumi a causa dell’inflazione, che ha avuto effetti più o meno significativi sulla finanzia famigliare.

Vediamo come.

Beni prima necessità
Partiamo proprio dai beni di prima necessità: per metà circa degli intervistati nulla è cambiato, ma per l’altra metà invece c’è stata una significativa contrazione d’acquisto e un’accresciuta attenzione alle promozioni e offerte speciali.

Beni prioritari
Nel settore dei beni prioritari – tecnologia, viaggi, cultura in generale – la riduzione è più drastica: perché i tre quarti del campione ha diminuito più o meno significativamente l’acquisto di beni non considerati necessari.

Alcune specifiche: sull’abbigliamento e l’elettronica

  • Sull’abbigliamento i tre quarti degli intervistati hanno cambiato il proprio comportamento di acquisto: in particolar modo nel centro Italia e nella fascia giovani tra i 18 e i 24 anni.
  • Sull’elettronica c’è una tendenza meno netta: un terzo ha rinviato l’acquisto di auto/moto; un terzo l’acquisto di elettrodomestici; un terzo i beni informatici. Dunque, rimane comunque più stabile la tendenza all’acquisto dei beni elettronici e soprattutto di quelli informatici.

Beni voluttuari
Sui beni voluttuari la riduzione di consumo è più marcata: scende il consumo delle cene ai ristoranti, delle uscite per week end, del cinema, degli aperitivi, del bar.

Desiderata
Agli intervista è stata anche posta una domanda relativa ai beni a cui non rinuncerebbero mai e vorrebbero presto riprendere ad acquistare.

Balza al primo posto i “Viaggi con amici/familiari”, seguito da:

  • pranzi o cene fuori con amici/familiari
  • libri, giornali, riviste
  • elettronica di consumo (smartphone, tablet, computer, videogiochi
Grafico 4

Abbiamo poi analizzato i dati considerando solo chi ha un proprio stipendio, dunque escludendo le fasce più giovani. Come prevedibile, in media il campione destina oltre la metà del proprio stipendio a cibo e bollette, il resto ripartito tra beni prioritari, risparmio e solo per ultimo ad aperitivi e cene fuori.

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Per riassumere il quadro sopra esposto, possiamo dunque dire che, indipendentemente dalle aree geografiche, è il settore dei beni voluttuari (aperitivi, cene etc..) quello che ha registrato una maggiore contrazione di acquisto, seguito dal settore dei beni prioritari (tecnologie, viaggi e cultura) e infine da quello dei beni essenziali (cibo, salute, bollette etc.).

L’ottimismo a metà degli italiani
Gli italiani sono ottimisti a metà: da una prevedono che il fenomeno inflattivo non sia passeggero ma anzi aumenterà ancora in futuro.

Grafico 1

Dall’altra però sono fiduciosi nel ritenere che tra i due e i cinque anni, il fenomeno inflattivo sarà riassorbito e che si ritornerà ai propri comportamenti di acquisto dei livelli precedenti, soprattutto per quanto riguarda i settori del relax e del divertimento.

>> Scarica l’intero rapporto

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a colloquio con Angelo Cianciosi, CEO Mg Research

In questo secondo incontro con Angelo Cianciosi discutiamo sugli utilizzi delle tecnologie Metaverso e dell’Intelligenza Artificiale nelle ricerche di mercato e gli impegni di MG Research in questo ambito.

Come analizzato nell’articolo precedente, i potenziali sviluppi di Metaverso nei diversi settori economici, principalmente in ambito commerciale, delle imprese deve affrontare i tanti ostacoli ancora presenti – relativamente a interoperabilità tra piattaforme, regole sulla proprietà e la privacy, sviluppi ed aggiornamenti hardware e software, potenza connessiva della rete e dunque di investimenti economici. I dati di mercato mostrano comunque un atteggiamento positivo da parte delle imprese. Gli investimenti si rilevano, infatti, crescenti e progressivi non solo riguardo a Metaverso ma soprattutto a tutte le nuove connessioni correlate, AR, VR e MR, e all’espansione dell’utilizzo di asset Web3 abilitati alla blockchain. L’impressione è che le aziende stiano familiarizzando con queste nuove piattaforme, nel tentativo di approfondire il ventaglio delle reali opportunità commerciali e di miglioramento delle prestazioni di efficienza produttiva/manutentiva.

Secondo lo studio “The Corporate Hitchhiker’s Guide to the Metaverse” pubblicato da Boston Consulting Group (BCG) il mercato del Metaverso vedrà una crescita continua per arrivare a un valore compreso tra i 250 e i 400 miliardi di dollari entro il 2025.

In che modo il settore delle ricerche di mercato potrà essere investito dalle nuove tecnologie virtuali e immersive?

Le attività di ricerca di mercato si stanno arricchendo delle varie tecnologie che stanno venendo fuori e che hanno caratteriste che ampliano la dimensione virtuale e remota che avevamo sperimentato negli anni scorsi. Nello specifico, l’applicabilità delle tecnologie Metaverso nel settore delle ricerche di mercato è ancora tutto da scoprire. Però è sicuramente possibile oggi aprire a questo mondo, perché già siamo in realtà virtuali per ricerche qualitative, ampliando l’esperienzialità nonché l’analisi quantitativa e qualitativa dei dati raccolti. Ed è soprattutto per lo sviluppo di questo settore di ricerca più esperienziali e/o legate a dati comportamentali e percettivi che Metaverso potrebbe essere ancora più interessante, dato i limiti oggettivi delle attuali tecnologie e metodologie utilizzate.

Metaverso e Intelligenza Artificiale nelle ricerche di mercato

Come nello specifico?

I sensori hanno delle capacità di rilevamento di segnali che al momento non avremmo potuto rilevare in nessun altro mondo all’interno di un focus group tradizionale e difficilmente anche nel caso delle attuali focus on-line. Le neuroscienze ci hanno già dato la possibilità di ampliare la “qualità” della nostra ricerca qualitativa permettendoci di leggere segnali e soprattutto di riuscire a dare un’interpretazione corretta a specifici comportamenti. Con Metaverso si può aprire un mondo molto interessante e nuovi campi di ricerca con risultati più ampi e profondi allo stesso tempo, combinando queste metodologie e aggiungendo esperienze e contesti più realistici da sottoporre ai soggetti coinvolti nell’indagine.

Il neuro marketing riguardava l’esperienza reale, le tecniche delle realtà virtuali riguardano invece l’esperienza virtuale.

Certo, ma questo ambito virtuale ha grandi potenzialità anche e, a regime, maggiore facilità organizzativa e minori costi. Possiamo utilizzare le realtà virtuali, ricostruendo gli ambienti che a noi interessano, invitando le persone a starci dentro, interagire e parlarne. Al contempo rileveremo ed interpreteremo meglio le reazioni, i commenti, i suggerimenti ed anche i comportamenti durante la rilevazione.

Quindi possiamo dire che nel mondo della ricerca qualitativa la realtà Metaverso può in realtà aiutare a fare un passo in avanti molto importante rispetto a quello che già ora è fatto con la dimensione virtuale, portando la dimensione esperienziale ad un livello più in alto. Inoltre, combinando con algoritmi di Intelligenza Artificiale o anche di sistemi esperti, potremmo fare interagire e verificare rilevazioni che arrivano da diverse fonti, per esempio da come interagisce una persona, il rapporto tra dato rilevato vocale e scritto, attraverso dei sensori neurologici, modellizzare diversi scenari e percorsi d’indagine in base ai comportamenti rilevati, anche sviluppare indagini più mirate ab origine.

Il tutto con grande rapidità.

Certo. È interessante quello che arriva dal mondo dell’Instant service ma anche in ricerche di prossimità su un mondo virtuale naturalmente. Si possono realizzare sondaggi istantanei e raccogliere dati che sono di impulso o di stimolo immediato.

Credo che la spinta possa arrivare più che dalla semplice applicazione della metodologia Metaverso, dall’integrazione dei diversi sistemi: sistemi esperti con intelligenza artificiale combinate con esperienze on line.

Come si sta muovendo Mg Research?

Come MG stiamo già sperimentando le diverse tipologie di rilevazioni di dati che possono essere più efficaci con tipo di output più utili alle aziende. Abbiamo il vantaggio di non avere ignorato la realtà virtuale come strumento e ambito di ricerca. È da lì che si parte per muoversi verso Metaverso combinato a metodologie e tecniche legate a concetti di neuro-marketing, analisi dei sentiment testuali, vocali, fisici…: il tutto rivolto a dare output e dati migliori, più precisi e impattanti per quelle aziende che vorranno investimenti su nuovi sviluppi nuovi prodotti, nuove comunicazioni, nuovi modi di fare negozi o punti vendita; ovviamente individuando progetti strategici su area di distribuzione piuttosto che su prodotti o sul marketing stesso di prodotto.

Abbiamo visto che Metaverso può essere utile per le analisi dei punti vendita, sviluppando ambienti in cui le persone possono parlare utilizzando non solo un moderatore o uno psicologo ma proprio dei sensori che riescono a far capire esattamente cosa la persona sta dicendo, sta guardando o toccando e rilevare quelli che sono gli stimoli che questi oggetti producono sulle persone. Sono fiducioso nell’applicazione dei nuovi strumenti per una qualità della ricerca che portiamo avanti.

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