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30/05/2023
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La crisi energetica spinge alla transizione elettrica dell’Europa

European Electricity Review 2023 – L’analisi di Ember sull’elettricità dell’UE transizione nel 2022: cosa è successo in 2022 e cosa possiamo aspettarci per il 2023 di Dave Jones, Head of Data Insights, Ember.

Executive summary: traduzione e cura di MgResearch

La risposta politica dell’Europa all’invasione russa dell’Ucraina nel 2022 è stata quella di accelerare la sua transizione elettrica. Ora ci si concentra sulla rapida riduzione della domanda di gas, contemporaneamente alla graduale eliminazione del carbone. Ciò significa che è in arrivo un massiccio aumento dell’energia pulita. Nel 2022, eolico e solare hanno generato un quinto record dell’elettricità dell’UE (22%), superando per la prima volta il gas fossile (20%) e rimanendo al di sopra del carbone (16%). Tuttavia, l’allontanamento dai combustibili fossili più consistente è stato bloccato dalla doppia crisi del sistema elettrico europeo nel 2022. Un anno di siccità in tutta Europa ha portato al livello più basso di produzione di energia idroelettrica almeno dal 2000, e ci sono stati diffusi interruzioni nucleari francesi inaspettate proprio mentre le unità nucleari tedesche stavano chiudendo.

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LE CRITICITÀ 2022 RALLENTANO LA PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA PULITA

Ciò ha creato un ampio divario di generazione di 185 TWh, pari al 7% della domanda totale di elettricità in Europa nel 2022. Cinque sesti del divario sono stati compensati da una maggiore produzione eolica e solare e da un calo della domanda di elettricità. Ma il restante sesto è stato raggiunto da una maggiore generazione di fossili. Poiché il carbone era meno costoso del gas, il carbone ha rappresentato la maggior parte dell’aumento, aumentando del 7% (+28 TWh) nel 2022 rispetto al 2021. Di conseguenza, le emissioni del settore energetico dell’UE sono aumentate del 3,9% (+26 MtCO2) in 2022 rispetto al 2021. La produzione di gas è rimasta pressoché invariata (+0,8%) e poiché il gas era già più costoso del carbone nel 2021, nel 2022 non vi è stato alcun ulteriore passaggio dal gas al carbone.
Poteva andare molto peggio: eolico, solare e un calo della domanda di elettricità hanno impedito un ritorno molto maggiore al carbone. Nel contesto, l’aumento non è stato sostanziale: l’energia da carbone è aumentata di appena 1,5 punti percentuali per generare il 16% dell’elettricità dell’UE nel 2022, rimanendo al di sotto dei livelli del 2018. L’aumento di 28 TWh nella produzione di carbone dell’UE ha aggiunto solo lo 0,3% alla produzione globale di carbone.
Il 2023 sarà esattamente l’opposto. La produzione idroelettrica riprenderà, le unità nucleari francesi torneranno, la diffusione di energia eolica e solare accelererà e la domanda di elettricità continuerà probabilmente a diminuire nei prossimi mesi. Nel 2023, l’Europa assisterà a un enorme calo dei combustibili fossili: energia a carbone, sì, ma soprattutto energia a gas.

Sustainable Energy Technology

LA POTENZA DEL CARBONE DELL’EUROPA DIMINUISCE

La produzione da carbone è diminuita in tutti e quattro gli ultimi mesi del 2022. È diminuita del 6% (-9,6 TWh) da settembre a dicembre rispetto agli stessi mesi del 2021. Ciò è stato causato principalmente dal calo della domanda di elettricità. Le 26 unità a carbone riportate come standby di emergenza hanno funzionato con un utilizzo medio di appena il 18% per tutto il quarto trimestre del 2022; nove delle 26 unità non hanno fornito alcuna generazione. Queste aggiunte in standby hanno aggiunto solo lo 0,9% alla produzione di carbone dell’UE nel 2022. Nonostante abbia importato 22 milioni di tonnellate di carbone in più nel corso del 2022, l’UE ne ha utilizzato solo un terzo e i due terzi in eccedenza sono rimasti inutilizzati. Forse la cosa più incoraggiante è che i paesi rimangono impegnati a eliminare gradualmente il carbone come lo erano prima della crisi.

LA DOMANDA DI ELETTRICITÀ HA INIZIATO A DIMINUIRE RAPIDAMENTE

La domanda di elettricità dell’UE ha iniziato a diminuire rapidamente, diminuendo del 7,9% nel quarto trimestre del 2022 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, avvicinandosi in scala al calo del 9,6% osservato nel secondo trimestre del 2020 quando l’Europa era in isolamento. Questa tendenza è stata osservata in tutti i paesi dell’UE. Prima di ottobre, la caduta era molto meno notevole. Tutti e tre i mesi del quarto trimestre del 2022 sono stati più caldi rispetto al 2021, ma il tempo da solo non spiegherebbe cadute così grandi. È probabile che i tagli temporanei siano stati guidati in gran parte da problemi di accessibilità, insieme alla solidarietà di molti cittadini per ridurre la domanda di energia in un momento di crisi e miglioramenti nell’efficienza energetica. La transizione alla fine porterà a un forte aumento della domanda attraverso l’elettrificazione. E con l’aumento delle pompe di calore, dei veicoli elettrici e degli elettrolizzatori nel 2022, è evidente che questo cambiamento avverrà rapidamente. Non dobbiamo permettere che l’attuale calo della domanda rallenti la diffusione dell’energia pulita.

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RLA CRESCITA DI ENERGIA SOLARE È APPENA INIZIATA

La produzione solare è aumentata di un record di 39 TWh (+24%) nel 2022, contribuendo a evitare 10 miliardi di euro di costi del gas. Ciò è dovuto a installazioni record di 41 GW nel 2022, il 47% in più rispetto a quelle aggiunte nel 2021. Venti paesi dell’UE hanno raggiunto la loro quota più alta di sempre di elettricità solare. I Paesi Bassi erano i leader, producendo il 14% della sua energia dal solare, superando per la prima volta la produzione di carbone. La Grecia ha funzionato esclusivamente con fonti rinnovabili per cinque ore in ottobre e dovrebbe raggiungere il suo obiettivo di capacità solare di 8 GW per il 2030 entro la fine del 2023, sette anni prima. Per la prima volta, l’eolico e il solare hanno raggiunto oltre un quinto (22%) dell’elettricità dell’UE nel 2022.

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LA PRODUZIONE DI GAS PREVISTA PER UN CALO RECORD NEL 2023

La generazione di combustibili fossili è aumentata del 3% nel 2022. Sulla base delle ultime proiezioni del settore, ciò non si ripeterà nel 2023. EDF prevede che molte delle sue centrali nucleari francesi torneranno nel 2023 (e molte sono già online), i gruppi europei dell’industria eolica e solare mostrano che la produzione solare ed eolica dovrebbe aumentare di circa il 20%, gli stock idroelettrici si sono quasi normalizzati e la domanda di elettricità probabilmente continuerà a diminuire a breve termine. L’unico freno sarà la caduta del nucleare mentre la Germania completa la sua graduale eliminazione. Sulla base di queste indicazioni del settore, Ember stima che la generazione da combustibili fossili potrebbe precipitare del 20% nel 2023, il doppio del record precedente del 2020. La produzione di carbone diminuirà, ma quella di gas diminuirà più rapidamente, poiché si prevede che rimarrà più costosa di carbone almeno fino al 2025 sulla base degli attuali prezzi a termine. Il settore energetico sarà probabilmente il segmento in più rapida diminuzione della domanda di gas durante il 2023, contribuendo a riportare la calma nei mercati europei del gas mentre l’Europa si adatta alla vita senza il gas russo.

©mgresearch2023

Donec quam felis, ultricies nec, pellentesque eu,

a colloquio con Angelo Cianciosi…

Con Angelo Cianciosi, Amministratore Delegato di Mg Research, iniziamo una serie di colloqui con il team di Mg Research, una rete di competenze diversificate che integrano con passione l’innovazione sulle tecnologie di ricerca, con l’analisi delle questioni economiche, sociali e culturali più importanti del momento.

Abbiamo diviso la lunga e interessante chiacchierata sul Metaverso in due puntate: la prima sul rapporto con mondo del business; la seconda sull’utilizzo nelle metodologie di indagine e nelle ricerche di mercato.

Metaverso dopo Second Life

Quando cominciamo a usare Metaverso nella riflessione sulle nuove tecnologie?

Possiamo far risalire il primo utilizzo del termine al 1992 nella letteratura cyberpunk, per descrivere una realtà parallela al mondo reale. Negli anni ci sono poi stati altri tentativi, come Second Life, che assomigliava molto a Metaverso, ma con tecnologie meno evolute.

Il termine Metaverso è venuto recentemente alla ribalda quando Zuckerberg ha deciso di investire in quello che lui considera nuova generazione di Facebook, capace di creare intrattenimento interattivo con le tecnologie immersive oggi a disposizione: realtà aumentata, realtà virtuale, avatar, cloni, anche intelligenza artificiale per creare dei nuovi mondi con paradigmi particolari, sia per quanto riguarda la vita quotidiana sia per quella professionale.

Quale potrebbe essere una definizione di Metaverso?

Non ci sono definizioni esatte su Metaverso. Sicuramente è un insieme di mondi virtuali che sono interconnessi e popolati da Avatar che cercano non solo di imitare la realtà ma di aumentarla. È lo sviluppo delle capacità umane verso frontiere diverse da quelle che delimitano lo spazio fisico in cui siamo. In questo nuovo mondo, attraverso appunto un avatar, ci creiamo anche una nuova identità che noi stessi decidiamo di assumere, che possono essere simili a quella nostra reale ma anche completamente diverse.

metaverso

Avatar, 3D, criptovalute

Come si entra nel mondo Metaverso?

Per entrare in questo nuovo mondo – che combina video, realtà virtuale e realtà aumentata – abbiamo bisogno di alcuni strumenti: un visore e dei sensori da collegare a un computer, una buona connessione di rete e una piattaforma a scelta tra quelle esistenti.

Come si struttura una piattaforma Metaverso?

Il Metaverso si compone di diversi livelli. Un primo livello riguarda gli enablers, cioè gli elementi che ti permettono di entrare nel mondo virtuale: un sistema monetizzazione spesso in crypto valuta, la creazione di un’identità attraverso un avatar e tutta la parte legata alla sicurezza e alla privacy, come accade nella maggior parte dei sistemi interattivi odierni. Un secondo livello riguarda l’infrastruttura e il software: quello che occorre fisicamente per entrare nel mondo Metaverso: dal computer al visore, alle connessioni. Un terzo livello riguarda le Piattaforme: cioè l’uso di una piattaforma in 3D che ti abiliti ad accedere al nuovo mondo. Al livello più alto abbiamo i contenuti e l’esperienza dei mondi virtuali, comprese le applicazioni necessarie.

Il Business sul Metaverso

È un sistema complesso. Quali settori del business stanno usando queste piattaforme e quali si presterebbero meglio all’utilizzo di Metaverso?

I settori che stanno cominciando ad utilizzare Metaverso sono diversi, molti di essi avevano alle spalle esperienze di utilizzo delle piattaforme virtuali.

Il mondo del gaming è sicuramente a un livello avanzato, poiché ha una consolidata esperienza con la virtualità e con il mondo 3D. Nel fashion c’è stato un grande investimento negli ultimi anni, recuperando il gap che avevano sul web 2.0. Così molti brand come Gucci, Dolce & Gabbana, LV, Etro, Zara, H&M, Benetton e Bulgari hanno aperto i loro flagship store nei Metaverse Fashion District creando per gli utenti delle vere e proprie esperienze immersive. Ne è un esempio la Metaverse Fashion Week, cha ha avuto luogo lo scorso marzo nella piattaforma Decentraland.

Un altro settore che utilizza da tempo il mondo virtuale 3D è quello della formazione, e dai semplici corsi on line si sta muovendo oggi verso piattaforme immersive e virtuali.

Io credo che Metaverso possa rappresentare uno strumento di potenziale sviluppo per l’intero comparto creativo – dall’arte al teatro alla pittura al design – sia nella produzione creativa sia in quella espositiva e allestitiva. Poi c’è ovviamente il turismo, a cui le piattaforme Metaverso potrebbero dare un grande contributo, permettendo di riscostruire mondi antichi, città scomparse e personaggi dell’epoca, oppure vedere le high line delle città che visitano. Metaverso, dunque, non come alternativa al viaggio, ma come approfondimento prima, durante e dopo il viaggio.

Nel periodo del Covid è stato utilizzato massicciamente lo smart working, prefigurato come una sorta di telelavoro. L’esperienza può essere migliorata con Metaverso, proprie per le forme di interazione più complesse che riesce ad offrire.

(Anche il settore immobiliare può essere applicato nel Metaverso, dato che anni fa è stato già sperimentato una sorta di real estate con Second Life.)

Per quanto riguarda le aziende, oltre alle Vendite online (e-commerce), c’è tutto il comparto CRM – dal Servizio clienti e i contatti commerciali fino all’assistenza e al marketing. Tuttavia affinché il Metaverso si diffondi in queste realtà è necessario che ci siano condizioni di partenza meno limitanti rispetto a quelle attuali.

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I limiti del Metaverso

Quali sono i limiti più evidenti per lo sviluppo di Metaverso?

Le problematiche di fondo sono la mancanza di standard comuni e quella di una interoperabilità che possa spingere gli abitanti dei “nuovi mondi” a creare nuovi contenuti.

Anni addietro McKinsey stimava che il mercato del Metaverso nel 2030 potesse valere attorno ai 4-5 trilioni di dollari, ma andando a vedere i numeri odierni scopriamo che le previsioni erano troppo ottimistiche. L’investimento che va fatto in Metaverso si configura troppo alto rispetto ai ritorni che si possono ottenere.

L’ambito della ricerca è un altro aspetto che limita l’uso di Metaverso. Oggi siamo abituati ad usare un motore di ricerca per arrivare a quello che vogliamo. Nel Metaverso ogni piattaforma ha un proprio mondo e noi possiamo scegliere solo quello che offre quella piattaforma, non esistendoci interoperabilità tra piattaforme, per cui dobbiamo spostarci noi nelle diverse piattaforme.

Inoltre, c’è anche una problematica relativa al costo dell’attrezzatura necessaria per accedere al Metaverso: un computer aggiornato in grado di gestire grafiche complesse e pesanti; un visore, che ci permette di entrare nel mondo cyber e una connessione potente, preferibilmente in fibra, per un’esperienza di navigazione fluida.

Quali sono le piattaforme più avanzate nella configurazione dei mondi metaverso?

Secondo le ultime ricerche, ci sono 141 mondi virtuali, ma solo alcuni di essi stanno attirando l’interesse globale degli investitori. In particolare, Decentraland, The Sandbox e Roblox sembrano essere tra i più attraenti per loro.

DECENTRALAND è il Metaverso meglio strutturato. E’ una piattaforma fondamentalmente videoludica open source costruita sulla blockchain di Ethereum. La valuta utilizzata per le transazioni è il MANA e oltre che per acquistare o vendere spazi di terra, è usata come moneta con cui comprare contenuti digitali, NFT, servizi pubblicitari e altro.

THE SANDBOX è oggi forse il Metaverso più celebre e anche quello che si sta muovendo meglio a livello mediatico. The Sandbox è dunque un Metaverso il cui motore sono gli utenti che la popolano e che creano luoghi da visitare e oggetti da utilizzare. Tutto il mondo virtuale è collegato alla blockchain di Ethereum e qualsiasi elemento digitale è considerato come un NFT che può essere creato, acquistato e scambiato.

META è il progetto che doveva o dovrebbe portare Facebook nella terza dimensione, avvalendosi dei visori Oculus. Meta mira a essere il punto d’incontro tra Facebook, Instagram, WhatsApp e Oculus, ossia le tecnologie in mano a Meta. Parliamo quindi di un luogo nel quale le esperienze saranno sempre più sincrone e in tempo reale, e indipendenti dai servizi e dalle app che oggi delimitano il perimetro della nostra socialità digitale. Un grande progetto che però, dopo diversi anni, sembra ancora immerso in una fase progettuale.

Tra le altre vorrei citare THE NEMESIS, che è la risposta italiana a DECENTRALAND e a THE SANDBOX, e le differenze sono minime: nel gioco sono presenti 10 pianeti, ognuno con una superficie distintiva. Ha una valuta interna (COINS) che però non è legata alla blockchain. Si potrà usare invece i NEMS, che al contrario sono una criptovaluta nella quale possono essere convertiti i COINS.

(La parte conclusiva del colloquio nella prossima puntata)

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La Piattaforma The Sandbox

a colloquio con Angelo Cianciosi

La ricerca di Rolando Polli, antesignano della sostenibilità

Dopo decenni di dibattito e forti contrasti su effetti e cause, la riconversione del “sistema pianeta” in chiave di sostenibilità è un dato accertato e accettato.

Nel 2015 Rolando Polli ebbe il merito di delineare un quadro sintetico e aggiornato sullo stato dell’arte del riscaldamento climatico e delle emissioni inquinanti, mettendo in evidenza le ripercussioni nei diversi settori della realtà residenziale e produttiva. La parabola che dal carbone al petrolio ci porta all’elettrico sembra ormai delineata, già in questo studio antesignano, che ancora oggi ha il merito di darci uno scenario lucido di come il cambiamento energetico, dai fossili fino alle energie naturali, stia rivoluzionando tutti i settori dell’economia e della vita sociale.

CO2 E RISCALDAMENTO CLIMATICO: UNA BATTAGLIA

James Hansen, padre teorico del riscaldamento climatico, e con lui anche la Nasa sostengono da sempre che la concentrazione di alcun gas nell’atmosfera – anidride carbonica (C2), metano (CH4) e ossido di diazoto (N2O) – siano le cause del famoso effetto serra, producendo dunque un riscaldamento climatico progressivo del nostro pianeta, che altera inesorabilmente gli equilibri del sistema naturale. Da qui catastrofi naturali – tempeste, alluvioni e siccità – che oltre alla distruzione di abitat naturali, hanno impatto disastrosi anche sull’economia dei paesi. Dati insindacabili mostrano un innalzamento del livello del mare di 20 cm dal 1901 al 2010.

come cambia il clima cambia il business

RENDERE COSTANTE L’UTILIZZO DELL’ENERGIA RINNOVABILE

Fino a qualche anno fa il grande problema delle energie rinnovabili – da eolico e da fotovoltaico – riguardava il tema della continua del servizio, in pratica della prossimità di poter stoccare questa produzione per averla anche quando non c’è più sole e vento a produrla. Secondo lei è rimasto il problema, che potrebbe costituire un grande ostacolo al pieno sviluppo dell’energia pulita?

LA GENERAZIONE ELETTRICA

Polli non esita a dare subito l’indirizzo dell’evoluzione delle fonti energetiche e a tal fine parla di “generazione elettrica”, intendendo proprio quello sforzo combinato per muoversi senza esitazione verso il pieno e consolidato utilizzo dell’energia elettrica. Anche se molte questioni restano ancora aperte.

Centrale è quella delle fonti da cui si genere l’energia elettrica. I dati evidenziati da Polli riguardano il 2015; il loro interesse è riferito al fatto che l’analisi è a livello mondiale e che configurano comunque una tendenza decisa nella composizione delle fonti di produzione dell’elettricità. “I tre grandi fossili (petrolio, gas e carbone), che sono anche i tre gradi emettitori di CO2, contribuiscono tra il 76% (UE) il 96% (Cina) dell’intero consumo energetico. Questa percentuale – evidenzia Polli – nel breve periodo potrà ridursi, ma certo non azzerarsi, anche perché al loro utilizzo sono associati ingenti impianti di produzione e distribuzione che sono una fetta considerevole del PIL e della ricchezza nazional- Il resto delle fonti sono le rinnovabili “classiche” (idroelettrico), “nuove” (eolico e solare) e “miste” (bio masse), oltre al nucleare he è da considerarsi una fonte pulita”. Polli sottolinea che per la sua natura derivata, l’elettrico ha sempre una fonte primaria di generazione e ricorda che il 100% del nucleare e il 90% del carbone sono utilizzati per la generazione dell’energia elettrica.

mix generazione elettrica 2019

RENDERE COSTANTE L’UTILIZZO DELL’ENERGIA RINNOVABILE

L’auspicio, per Polli, è quella di riuscire a produrre sempre più energia elettrica da fonti che non abbiano emissioni di CO2, dunque ad una riduzione costante e progressiva dell’energia fossile. E comunque Polli ricorda che ci sono ancora delle criticità da affrontare per poter sfruttare al meglio la produzione delle fonti di energia rinnovabili (da eolico e da fotovoltaico), prima fra tutte la “continua del servizio”, riuscire cioè a poter stoccare questa produzione da fonti naturali (sole e vento) in modo da averla disponibile in maniera continuativa e costante.

L’EFFICIENZA ENERGETICA SIGNIFICA RIDUZIONE DI PRODUZIONE DI ENERGIA

L’efficienza energetica è un’altra questione centrale, perché il risparmio equivale a una minore produzione di energia, quindi c’è un rapporto inversamente proporzionale tra loro: più efficienza energetica meno produzione di energia.

L’IEA (International Energy Agency/OCSE) – ci ricorda Polli – ha calcolato che l’effetto dei risparmi energetici in 11 importanti paesi – inclusi Stati Uniti, Giappone e i Big Four in Europa – è stato pari a 1.337 Mtoe (milioni di tonnellate di petrolio equivalente) nel 2011, maggiore del consumo totale di qualunque combustibile negli stessi 11 paesi.

L’efficienza energetica ha un forte impatto nei consumi residenziali, con elettrodomestici a basso consumo, con finestre e serramenti efficienti, cappotti isolanti e nuove caldaie performanti. Ma anche il comparto pubblico può significativamente operare in questa direzione, come per esempio nel campo dell’illuminazione con la rivoluzione LED. Polli anticipa nel 2015 quelle che sarebbero state le direttive europee e italiana in materia di “efficientamento energetico”, che ha dato modo di far ripartire l’economia dopo la crisi generata dalla pandemia e gli orientamenti delle direttive europee e del Pnrr del 2021.

LA CULTURA DELLA SOSTENIBILITÀ

Polli ci ricorda che lo sviluppo verso una società sostenibile dipenderà da quanto celere sarà l’innovazione per favorire un cambiamento strutturale di un sistema produttivo, nato “fossile”, verso uno “sostenibile”.

Il merito di questo libro è di darci un chiaro e sintetico quadro a livello mondiale delle questioni aperte per costruire una società realmente sostenibile, consapevole del fatto che tra queste – tra scienza e politica – quella culturale rimane la base per una trasformazione che parte proprio dai comportamenti, consapevoli e appropriati, di ciascuno di noi.

©mgresearch2023

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Il trend degli acquisti nel mercato della moda

MG Research ha realizzato un’approfondita indagine sulle modalità di acquisto nel settore della moda (sia acquisti online che in negozio), con evidenza delle tendenze delineatesi negli ultimi anni, alla luce del ruolo crescente che hanno avuto le piattaforme online.

Lo studio fa parte di un progetto internazionale realizzato in cooperazione con i partner del network Global CX Expert di cui MG Research è parte. Alla ricerca realizzata da MG Research sul mercato italiano seguiranno a breve le altre indagini realizzate dai partner dei principali paesi europei, che pubblicheremo per una analisi di comparazione più ampia.

Driver di scelta della esperienza online ed in-store 

La ricerca conferma la tendenza alla combinazione delle esperienze digitali e fisiche – nel passato configurate antitetiche e confliggenti, soprattutto nella fase in cui gli acquisti online hanno registrato una forte crescita – evidenziando come esse rispondono a esigenze diverse di acquisto da parte del cliente. L’ ottimale integrazione delle due dimensioni costituisce un fattore chiave di successo per i principali player del mercato.

Dalla ricerca emerge che la vendita online viene percepita come possibilità di: risparmiare il proprio tempo, di acquistare con maggiore comodità, di confrontare prezzi, di avere una maggiore selezioni di prodotti, di trovare prezzi più bassi ed anche (ed è questo un punto di forza che il mercato degli acquisti online ha saputo sviluppare con grande accuratezza) di poter con facilità restituire il prodotto se questo non soddisfa i requisiti attesi.

grafico acquisti online
grafico acquisti online

Gli elementi che denotano i punti di forza dell’acquisto in negozio, riguardano invece essenzialmente quella che possiamo definire l”experience” dell’acquisto: al negozio “si trova l’ispirazione”, si passa tempo e si possono scambiare opinioni, c’è l’immediata disponibilità del bene e il reperimento più facile della taglia, un’organizzazione migliore della merce esposta e, naturalmente, la mancanza di costi di spedizione.

grafico acquisti in negozio
grafico acquisti in negozio
grafico acquisti in negozio

Trend di acquisto per tipologia  

Le tendenze rilevate non si differenziano sostanzialmente per tipologia di brand (moda rispetto ad abbigliamento sportivo), ed evidenziano come i consumatori dichiarino per il futuro una propensione crescente verso gli acquisti online, con una incidenza comunque significativa delle intenzioni di acquisto in-store.

Sotto il profilo delle piattaforme online più utilizzate, emerge la preferenza ad usare le grandi piattaforme multi-brand, come un grande “mall digitale”, il grande centro commerciale digitale in cui trovare articoli di molti brand. Nonostante ciò, anche la vendita online attraverso i siti proprietari dei diversi brand continua ad avere una sua funzione nella gamma delle modalità di acquisto da parte della clientela.

In conclusione, due ulteriori annotazioni: la prima riguarda il rapporto tra vendita e territorio. Spesso gli acquisti online sono preferiti anche laddove non esiste difficoltà di reperimento del bene nelle vicinanze della propria abitazione. Esso è dunque dettato non da necessità di reperimento, ma è diventa una modalità preferita nella gamma delle opzioni a disposizione del consumatore.

La seconda annotazione riguarda il negozio: nella tendenza alla globalizzazione dell’acquisto in rete, lo spazio fisico propone una forma unica di acquisto legato alla socialità, all’esperienza fisica con il prodotto, all’assistenza personalizzata, a un relazione diretta con il brand stesso, che in ultima analisi ne spiega la rilevanza anche in questa fase di crescente digitalizzazione.

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Il trend degli acquisti nel mercato della

La guerra, finora studiata come storia del Novecento, entra improvvisamente nella nostra quotidianità. E sono proprio i giovani italiani, spesso ritenuti disattenti alle vicende politiche e sociali del Paese, a esserne direttamente interessati.

Per questo MG Research ha pensato di ascoltarli per conoscere le loro idee in merito alle responsabilità del conflitto Russia-Ucraina, alle scelte da compiere relativamente a Nato e Unione Europea, al coinvolgimento del nostro paese in generale e di loro stessi in particolare.

L’indagine ha preso in considerazione i giovani italiani di età compresa tra i 18 e i 30 anni, divisi a loro volta in tre fasce di età: giovani tra i 18 e i 20 anni, tra i 21 e i 24 anni, tra i 25 e i 30 anni.

La ricerca evidenzia una certa consapevolezza dei giovani verso le questioni di fondo del conflitto Russo-Ucraino, ma anche orientamenti diversi su come contribuire alla difficile questione bellica che si è aperta nel cuore dell’Europa, dalla cooperazione in ambito sanitario e tecnologico all’eventuale arruolamento nei Corpi militari in prima linea, ove mai si verificasse una escalation tale da coinvolgere direttamente l’Italia.

Riportiamo i dati salienti dell’indagine.

I risultati in generale: consapevolezza ed equilibrio

Relativamente alla responsabilità, ben più della metà del campione intervistato (64,3%) ritiene che la Russia sia il principale responsabile del conflitto tra Russia e Ucraina, ma c’è anche il 12,9% che attribuisce responsabilità del conflitto a U.S.A. e NATO.

Elevatissima, come intuibile, la percentuale dei giovani che prendono le distanze dalle azioni d’intervento militare intraprese dalla Russia (85,6%).

Sui temi dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato e nell’Unione Europea, pur restando la maggioranza favorevole, i valori sono più contenuti: i favorevoli all’ingresso dell’Ucraina nella Nato sono infatti il 47,1% e il 61,7% per l’ingresso nell’Unione Europea.

Interessante il dato relativo al coinvolgimento diretto dell’Unione Europea nella guerra: i giovani sono molto cauti (il 50,7% è contrario), ma sono cauti anche sull’invio delle armi (52,6% favorevole).


I giovani italiani e l'invio delle armi

Sul tema dell’invio di aiuti umanitari all’Ucraina i valori si alzano di nuovo: l’87,1% degli intervistati è favorevole. Più bassa, seppure significativa, la percentuale sulla disponibilità diretta ad ospitare dei rifugiati (51,9%) – da tenere presente che il campione è costituito da giovani che spesso non hanno una situazione abitativa autonoma.


Le principali preoccupazioni dei giovani sugli effetti della guerra sono l’inflazione e l’aumento dei prezzi in generale, ma anche quella di un’estensione e di un coinvolgimento diretto nel conflitto.

Su un eventuale coinvolgimento dell’Italia, il campione si divide in tre blocchi omogenei, tra chi pensa che il coinvolgimento sia possibile, chi non lo crede possibile e chi non riesce ad esprimere un parere.

Molto interessanti sono le risposte che i giovani danno rispetto alle preferenze di impegno nel caso di coinvolgimento diretto del nostro paese: il settore del Corpo sanitario è il preferito (25%), seguito dal Corpo degli ingegneri (ricerca e sviluppo oltre che manutenzione) 10,7%, dall’Arma delle trasmissioni (telematica e guerra elettronica) 10,5%, dall’Arma dei trasporti e materiali (logistica e supporto al combattimento) 9,0%.

I giovani italiani e i corpi militari

I volontari, pronti a “scendere in campo”

Infine alcune considerazioni su coloro che si sono dichiarati favorevoli ad arruolarsi come “volontari” se il conflitto dovesse arrivare in Italia. Essi rappresentano il 24,6% del campione e sono composti dal 19.6% di giovani dai 18-20 anni, il 31.0% dai 21-24 anni e il 49.4% dai 25-30 anni.

I giovani italiani disposti ad arruolarsi

L’indagine rileva che il gruppo dei giovani italiani volontari si contraddistingue soprattutto per una maggiore disponibilità all’arruolamento nei diversi Corpi d’intervento.

Difatti, circa il 30,0% dei giovani italiani volontari – la media del totale campione è di circa il 12% – dichiara, in caso di una escalation tale da coinvolgere l’Italia nel conflitto, di voler dare un contributo nei corpi militari coinvolti in prima linea nell’eventuale conflitto armato.

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La guerra, finora studiata come storia del

Treni e aerei alla conquista del trasporto domestico

Il settore dei trasporti, uno dei comparti maggiorente colpiti dalla pandemia, punta al rilancio sulla base del recupero della domanda e della propensione del pubblico a riconsiderare offerte e proposte di viaggio.

La nostra società ha appena realizzato una ricerca sugli aspetti di notorietà del brand e di gradimento dell’offerta delle società di trasporto in generale e di quello delle compagnie aeree in particolare. Emergono dei dati interessanti, che attribuiscono al trasporto ferroviario una maggiore notorietà e che pongono agli operatori del comparto aereo la necessità di curare gli aspetti di comunicazione per un migliore posizionamento del proprio brand nei mercati.

Vediamo assieme i dati dell’indagine emergenti da un campione rappresentativo della popolazione italiana.

Notorietà delle aziende di Trasporto in generale

La parte d’indagine basata sulla conoscenza spontanea delle società di trasporto in generale evidenzia una maggiore notorietà del trasporto ferroviario e su gomma: Trenitalia, Italo e Flixbus sono i primi operatori citati; ci sono anche le società di trasporto urbano e Uber. Tra le prime compagnie aeree citate spontaneamente in tale contesto, Ryanair ed Alitalia.

E’ interessante constatare la varietà della composizione del sistema di trasporto nella Brand Awareness degli intervistati, la forte notorietà della compagnia low cost Ryanair e la presenza significativa, nella mente degli intervistati, del brand Alitalia, nonostante la compagnia abbia cessato le proprie attività nell’ottobre del 2021. ITA Airways è al decimo posto, ma terza tra le compagnie aeree.

Brand awareness delle compagnie di trasporto

Notorietà spontanea e sollecitata delle compagnie aeree

Richiedendo la conoscenza (brand top of mind ed altri conosciuti) di compagnie aeree di livello europeo ed internazionale, Ryanair si attesta al primo posto con un significativo margine sul secondo brand che è ancora Alitalia seguita da Lufthansa e da ITA Airways.  I rispondenti, pensando a compagnie aeree di medio grandi dimensioni hanno citato principalmente i grandi vettori europei.

Brand awareness delle compagnie aeree

Abbiamo sollecitato gli intervistati anche sulla conoscenza dei brand di compagnie aeree non citate spontaneamente. La notorietà complessiva delle compagnie aeree – in cui le citazioni spontanee vengono combinate con quelle sollecitate – evidenzia ai primi posti le due compagnie leader tra i vettori low cost Ryanair ed EasyJet ed un buon posizionamento di Lufthansa. Tra i brand sollecitati non è stata inclusa Alitalia poiché non più operativa. Inserendo la conoscenza sollecitata, alcune grandi compagnie guadagnano posizioni (Air France, American Airlines, Emirates e British Airways), con ITA Airways che si attesta all’ottavo posto della notorietà complessiva.

Notorietà complessiva delle compagnie aeree

Gradimento e posizionamento complessivo delle compagnie aeree

Naturalmente, la notorietà del brand non garantisce necessariamente la leadership nel gradimento da parte dei viaggiatori. Infatti, Ryanair, prima compagnia in termini di notorietà, dal punto di vista del gradimento si posiziona all’ottavo posto, scavalcata da tutte le grandi compagnie “full service” considerate, ad accezione di Delta Airlines. Emerge la qualità percepita delle compagnie del golfo Emirates ed Etihad che si attestano al primo ed al terzo posto rispettivamente.

Incrociando le dimensioni di notorietà e gradimento, il posizionamento emergente premia Emirates, Lufthansa e British Airways. Il miglioramento delle proprie offerte in termini di qualità del servizio, supportato da una comunicazione coerente con i valori del brand rappresentano due leve importanti nelle sfide attuali per le compagnie aeree in uno scenario di possibile rilancio del sistema dei trasporti.

Mappa di posizionamento delle compagnie aeree

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Treni e aerei alla conquista del trasporto

In un momento in cui le istituzioni sono chiamate ad effettuare il rilancio del Paese con il supporto dei fondi europei – PNRR – diventa rilevante capire quale sia la fiducia nelle istituzioni e nelle loro capacità di guidare la ripresa del Paese da parte dei cittadini.

Abbiamo condotto un’indagine su un campione rappresentativo della popolazione italiana per sesso, età e area di residenza. Lo scopo era di analizzare la fiducia nelle istituzioni in Italia, a distanza di due anni dall’inizio dell’emergenza Covid-19 e in relazione al PNRR.

Fiducia nelle istituzioni

In generale il 49% degli italiani ha fiducia nelle istituzioni ma con percentuali molto differenti in relazione alla specifica istituzione. Le istituzioni che godono di maggior fiducia sono il Presidente della Repubblica (60%) e il Presidente del Consiglio (51%). Ai livelli più bassi della fiducia nelle istituzioni da parte della popolazione vi sono il Parlamento (29%) e i Partiti (18%).

In particolare, il ruolo del Presidente della Repubblica viene considerato dal 68% del campione centrale e importante per questa fase della vita del paese. Infatti, uniformemente per tutte le fasce d’età, la maggior parte dei rispondenti (46%) vede nel Presidente della Repubblica la figura in grado di contribuire a mantenere la stabilità politica e finanziaria in un periodo storico difficile per il paese e in un contesto internazionale di crisi.

Rispetto alla capacità di affrontare tale fase critica, poco meno del 30% dei rispondenti esprime un giudizio positivo sull’operato delle istituzioni (il 10% si è sentito al sicuro per le azioni intraprese, il 18% ha rivalutato l’importanza delle istituzioni). Al contempo un terzo del campione (34%) non ritiene di aver percepito un ruolo rilevante delle istituzioni in tale contesto. Il 38% degli intervistati esprime invece un giudizio negativo, ritenendo che le istituzioni si siano rivelate inadeguate in questo periodo difficile.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – PNRR

Secondo il sondaggio, il 78% dei rispondenti ha sentito parlare del PNRR ma solo il 57% è in grado di citare effettivamente almeno un tema o progetto previsto dal PNRR, con una maggiore conoscenza su questo aspetto evidenziata dagli uomini (66%), dagli over 55 (80%) e dai cittadini residenti nell’Italia nord-occidentale (67%).

Dopo aver mostrato agli intervistati le principali azioni e settori d’intervento del PNRR, il 74% ha dichiarato di ritenerlo molto importante per il rilancio dell’economia italiana. Solo il 39% valuta positivamente l’attuale gestione dei progetti del PNRR da parte delle istituzioni.

Infine, è stato chiesto agli intervistati di indicare le 3 aree d’intervento a loro avviso prioritarie che necessitano maggiormente delle risorse del PNRR:

Fiducia nelle istituzioni

I risultati sono notevolmente diversi per fasce d’età: i giovani di età compresa tra 15-24 anni hanno mostrato una preoccupazione maggiore verso la risoluzione verde, mentre le persone di età compresa tra i 40 ed i 54 anni la hanno attribuita alla salute. Le politiche per il lavoro sono state citate maggiormente nelle fasce di età 25-39 e 55-64 anni.

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In un momento in cui le istituzioni

Guerra in Ucraina … cosa pensano gli italiani? E la popolazione russa?

Gli italiani sono favorevoli all’invio delle armi per supportare l’Ucraina? Quali sono le loro paure sull’estensione del conflitto e i suoi effetti? Cosa ne pensa la popolazione russa sulla guerra in Ucraina? Quali sono le loro maggiori preoccupazioni?

Queste sono solo alcune delle questioni che sono state discusse in prima serata su RAI 1 nella puntata di “Speciale Porta a Porta – Guerra in Ucraina. E poi?” del 9 marzo 2022, commentando i risultati di due ricerche realizzate in partnership dagli istituti MG Research e Noto Sondaggi sulla percezione degli italiani e dei russi sulla guerra in Ucraina.
Vediamo insieme i principali risultati…

Cosa pensano gli italiani?

Gli italiani si dichiarano favorevoli (52%) all’invio di armi all’Ucraina, ma il 72% non sarebbe favorevole ad un intervento diretto con propri militari. La maggioranza del campione teme che il conflitto possa coinvolgere altri paesi europei (58%) e addirittura direttamente il territorio italiano (51%). Molto elevata la percentuale di quanti temono un impatto sulla situazione economica (77%).

invio armi ucraina sondaggio

guerra italia

 

 

 

 

guerra paesi europei sondaggio

Guerra economia italiana

 

 

 

… E la popolazione russa?

usa nato russia sondaggio

Per quanto riguarda gli intervistati russi, poco meno della metà (43,1%) ritiene che gli USA e gli altri paesi della NATO siano i principali responsabili della guerra in Ucraina, e solo il 20,8% pensa che la Russia ne sia la maggiore responsabile. Interessante sottolineare come cambia l’opinione in relazione alla fascia d’età: tra i russi di età pari o superiore a 60 anni, il 54,5% ritiene che la responsabilità del conflitto ricada su USA e NATO, mentre tale percentuale scende al 22,8% nella fascia di età compresa tra 15 e 29 anni. La categoria più giovane è incline, più delle altre, a ritenere che il conflitto sia iniziato per responsabilità della Russia (25,9%).

putin sondaggio

Il 58,3% degli intervistati russi approva le azioni militari intraprese da Putin nei confronti della Ucraina. Il 23,7% dei rispondenti afferma invece di non approvare le azioni militari compiute. Anche in questo caso la fascia d’età influisce nelle valutazioni della situazione: i rispondenti con una età superiore a 60 anni sostengono maggiormente tali scelte (70%) rispetto a quelli più giovani (52%).

Di seguito riportati degli estratti della puntata:
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Per vedere su RaiPlay l’intera puntata – RaiPlay – Speciale Porta a Porta – Guerra in Ucraina. E poi? – 09/03/2022

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