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L’inflazione è da alcuni anni aumentata in maniera rilevante nel nostro paese, con un picco di crescita che a ottobre 2022 ha raggiunto l’11,8%. Negli ultimi mesi oscilla tra il 6,4% e il 5,4%.

Gli italiani hanno percepito l’aumento dei prezzi nei diversi settori e ciò ha modificato in maniera decisiva, anche se differente per i diversi target, il proprio comportamento d’acquisto dei beni.

L’indagine è stata realizzata da Mg Research su un campione rappresentativo della popolazione italiana tramite questionari auto compilati con tecnica CAWI (Computer Assisted Web Interview) su panel proprietario di MG Research di 1.000 intervistati.

L’indagine rileva un comportamento molto razionale e ragionevole degli italiani sui temi dell’acquisto e del risparmio.

Grafico 3

La grande maggioranza degli intervistati ha infatti dovuto ridurre i propri consumi a causa dell’inflazione, che ha avuto effetti più o meno significativi sulla finanzia famigliare.

Vediamo come.

Beni prima necessità
Partiamo proprio dai beni di prima necessità: per metà circa degli intervistati nulla è cambiato, ma per l’altra metà invece c’è stata una significativa contrazione d’acquisto e un’accresciuta attenzione alle promozioni e offerte speciali.

Beni prioritari
Nel settore dei beni prioritari – tecnologia, viaggi, cultura in generale – la riduzione è più drastica: perché i tre quarti del campione ha diminuito più o meno significativamente l’acquisto di beni non considerati necessari.

Alcune specifiche: sull’abbigliamento e l’elettronica

  • Sull’abbigliamento i tre quarti degli intervistati hanno cambiato il proprio comportamento di acquisto: in particolar modo nel centro Italia e nella fascia giovani tra i 18 e i 24 anni.
  • Sull’elettronica c’è una tendenza meno netta: un terzo ha rinviato l’acquisto di auto/moto; un terzo l’acquisto di elettrodomestici; un terzo i beni informatici. Dunque, rimane comunque più stabile la tendenza all’acquisto dei beni elettronici e soprattutto di quelli informatici.

Beni voluttuari
Sui beni voluttuari la riduzione di consumo è più marcata: scende il consumo delle cene ai ristoranti, delle uscite per week end, del cinema, degli aperitivi, del bar.

Desiderata
Agli intervista è stata anche posta una domanda relativa ai beni a cui non rinuncerebbero mai e vorrebbero presto riprendere ad acquistare.

Balza al primo posto i “Viaggi con amici/familiari”, seguito da:

  • pranzi o cene fuori con amici/familiari
  • libri, giornali, riviste
  • elettronica di consumo (smartphone, tablet, computer, videogiochi
Grafico 4

Abbiamo poi analizzato i dati considerando solo chi ha un proprio stipendio, dunque escludendo le fasce più giovani. Come prevedibile, in media il campione destina oltre la metà del proprio stipendio a cibo e bollette, il resto ripartito tra beni prioritari, risparmio e solo per ultimo ad aperitivi e cene fuori.

xianjuan-unsplash

Per riassumere il quadro sopra esposto, possiamo dunque dire che, indipendentemente dalle aree geografiche, è il settore dei beni voluttuari (aperitivi, cene etc..) quello che ha registrato una maggiore contrazione di acquisto, seguito dal settore dei beni prioritari (tecnologie, viaggi e cultura) e infine da quello dei beni essenziali (cibo, salute, bollette etc.).

L’ottimismo a metà degli italiani
Gli italiani sono ottimisti a metà: da una prevedono che il fenomeno inflattivo non sia passeggero ma anzi aumenterà ancora in futuro.

Grafico 1

Dall’altra però sono fiduciosi nel ritenere che tra i due e i cinque anni, il fenomeno inflattivo sarà riassorbito e che si ritornerà ai propri comportamenti di acquisto dei livelli precedenti, soprattutto per quanto riguarda i settori del relax e del divertimento.

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Donec quam felis, ultricies nec, pellentesque eu,

a colloquio con Angelo Cianciosi, CEO Mg Research

In questo secondo incontro con Angelo Cianciosi discutiamo sugli utilizzi delle tecnologie Metaverso e dell’Intelligenza Artificiale nelle ricerche di mercato e gli impegni di MG Research in questo ambito.

Come analizzato nell’articolo precedente, i potenziali sviluppi di Metaverso nei diversi settori economici, principalmente in ambito commerciale, delle imprese deve affrontare i tanti ostacoli ancora presenti – relativamente a interoperabilità tra piattaforme, regole sulla proprietà e la privacy, sviluppi ed aggiornamenti hardware e software, potenza connessiva della rete e dunque di investimenti economici. I dati di mercato mostrano comunque un atteggiamento positivo da parte delle imprese. Gli investimenti si rilevano, infatti, crescenti e progressivi non solo riguardo a Metaverso ma soprattutto a tutte le nuove connessioni correlate, AR, VR e MR, e all’espansione dell’utilizzo di asset Web3 abilitati alla blockchain. L’impressione è che le aziende stiano familiarizzando con queste nuove piattaforme, nel tentativo di approfondire il ventaglio delle reali opportunità commerciali e di miglioramento delle prestazioni di efficienza produttiva/manutentiva.

Secondo lo studio “The Corporate Hitchhiker’s Guide to the Metaverse” pubblicato da Boston Consulting Group (BCG) il mercato del Metaverso vedrà una crescita continua per arrivare a un valore compreso tra i 250 e i 400 miliardi di dollari entro il 2025.

In che modo il settore delle ricerche di mercato potrà essere investito dalle nuove tecnologie virtuali e immersive?

Le attività di ricerca di mercato si stanno arricchendo delle varie tecnologie che stanno venendo fuori e che hanno caratteriste che ampliano la dimensione virtuale e remota che avevamo sperimentato negli anni scorsi. Nello specifico, l’applicabilità delle tecnologie Metaverso nel settore delle ricerche di mercato è ancora tutto da scoprire. Però è sicuramente possibile oggi aprire a questo mondo, perché già siamo in realtà virtuali per ricerche qualitative, ampliando l’esperienzialità nonché l’analisi quantitativa e qualitativa dei dati raccolti. Ed è soprattutto per lo sviluppo di questo settore di ricerca più esperienziali e/o legate a dati comportamentali e percettivi che Metaverso potrebbe essere ancora più interessante, dato i limiti oggettivi delle attuali tecnologie e metodologie utilizzate.

Metaverso e Intelligenza Artificiale nelle ricerche di mercato

Come nello specifico?

I sensori hanno delle capacità di rilevamento di segnali che al momento non avremmo potuto rilevare in nessun altro mondo all’interno di un focus group tradizionale e difficilmente anche nel caso delle attuali focus on-line. Le neuroscienze ci hanno già dato la possibilità di ampliare la “qualità” della nostra ricerca qualitativa permettendoci di leggere segnali e soprattutto di riuscire a dare un’interpretazione corretta a specifici comportamenti. Con Metaverso si può aprire un mondo molto interessante e nuovi campi di ricerca con risultati più ampi e profondi allo stesso tempo, combinando queste metodologie e aggiungendo esperienze e contesti più realistici da sottoporre ai soggetti coinvolti nell’indagine.

Il neuro marketing riguardava l’esperienza reale, le tecniche delle realtà virtuali riguardano invece l’esperienza virtuale.

Certo, ma questo ambito virtuale ha grandi potenzialità anche e, a regime, maggiore facilità organizzativa e minori costi. Possiamo utilizzare le realtà virtuali, ricostruendo gli ambienti che a noi interessano, invitando le persone a starci dentro, interagire e parlarne. Al contempo rileveremo ed interpreteremo meglio le reazioni, i commenti, i suggerimenti ed anche i comportamenti durante la rilevazione.

Quindi possiamo dire che nel mondo della ricerca qualitativa la realtà Metaverso può in realtà aiutare a fare un passo in avanti molto importante rispetto a quello che già ora è fatto con la dimensione virtuale, portando la dimensione esperienziale ad un livello più in alto. Inoltre, combinando con algoritmi di Intelligenza Artificiale o anche di sistemi esperti, potremmo fare interagire e verificare rilevazioni che arrivano da diverse fonti, per esempio da come interagisce una persona, il rapporto tra dato rilevato vocale e scritto, attraverso dei sensori neurologici, modellizzare diversi scenari e percorsi d’indagine in base ai comportamenti rilevati, anche sviluppare indagini più mirate ab origine.

Il tutto con grande rapidità.

Certo. È interessante quello che arriva dal mondo dell’Instant service ma anche in ricerche di prossimità su un mondo virtuale naturalmente. Si possono realizzare sondaggi istantanei e raccogliere dati che sono di impulso o di stimolo immediato.

Credo che la spinta possa arrivare più che dalla semplice applicazione della metodologia Metaverso, dall’integrazione dei diversi sistemi: sistemi esperti con intelligenza artificiale combinate con esperienze on line.

Come si sta muovendo Mg Research?

Come MG stiamo già sperimentando le diverse tipologie di rilevazioni di dati che possono essere più efficaci con tipo di output più utili alle aziende. Abbiamo il vantaggio di non avere ignorato la realtà virtuale come strumento e ambito di ricerca. È da lì che si parte per muoversi verso Metaverso combinato a metodologie e tecniche legate a concetti di neuro-marketing, analisi dei sentiment testuali, vocali, fisici…: il tutto rivolto a dare output e dati migliori, più precisi e impattanti per quelle aziende che vorranno investimenti su nuovi sviluppi nuovi prodotti, nuove comunicazioni, nuovi modi di fare negozi o punti vendita; ovviamente individuando progetti strategici su area di distribuzione piuttosto che su prodotti o sul marketing stesso di prodotto.

Abbiamo visto che Metaverso può essere utile per le analisi dei punti vendita, sviluppando ambienti in cui le persone possono parlare utilizzando non solo un moderatore o uno psicologo ma proprio dei sensori che riescono a far capire esattamente cosa la persona sta dicendo, sta guardando o toccando e rilevare quelli che sono gli stimoli che questi oggetti producono sulle persone. Sono fiducioso nell’applicazione dei nuovi strumenti per una qualità della ricerca che portiamo avanti.

Donec quam felis, ultricies nec, pellentesque eu,

Anche questa settimana, MG RESEARCH offre un’analisi in esclusiva al settimanale l’Espresso, riguardo alla nuova leadership di Elly Schlein e alle prospettive del PD sui temi decisivi delle alleanze, dei diritti sociali e dei diritti civili, del ceto medio e dei nuovi lavori.

I numeri mostrano tutte le contraddizioni di un momento particolarmente complesso per il PD, che ruotano attorno alla parola-spettro della sinistra: la scissione. Più convinto Il campione nel suo complesso, mentre gli elettori del Pd credono ancora che il partito possa farcela.

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Donec quam felis, ultricies nec, pellentesque eu,

Queste sembrano le conclusioni cui giunge una recente ricerca, ma forse in Europa la situazione potrebbe essere parzialmente diversa

“I conducenti devono essere consapevoli che le automobili rappresentano un “incubo per la privacy” poiché i produttori di veicoli raccolgono numerosi dati personali sui conducenti, comprese le loro attività sessuali” questo il titolo con cui The Guardian, nella versione on-line del 6 settembre scorso (From sex life to politics: car driver data grab presents ‘privacy nightmare’, says study | Nissan | The Guardian) ha sintetizzato i risultati di un recente studio condotto dalla Mozilla Foundation, organizzazione no-profit particolarmente attiva su tutto ciò che riguarda il mondo di Internet (https://foundation.mozilla.org/en/privacynotincluded/articles/its-official-cars-are-the-worst-product-category-we-have-ever-reviewed-for-privacy/).

Mozilla, analizzando la privacy policy di 25 marchi automobilistici avrebbe rilevato per tutti seri problemi di protezione dati; in particolare i produttori di veicoli sarebbero risultati raccogliere più dati personali del necessario e per ragioni spesso estranee al funzionamento di un veicolo e al rapporto del marchio automobilistico con i suoi conducenti. L’84% delle case automobilistiche esaminate, poi, avrebbe affermato di poter condividere i dati personali con fornitori di servizi o intermediari di dati e il 76% di poter vendere i dati raccolti dai proprietari di auto. Addirittura, secondo Mozilla, alcune case automobilistiche potrebbero raccogliere informazioni intime, comprese le informazioni mediche e genetiche del conducente.

Insomma una situazione piuttosto critica, tanto da indurre Mozilla a sentenziare che “le automobili sono la categoria di prodotti peggiore che abbiamo mai recensito per quanto riguarda la privacy”.

Questa “fame di dati” si spiega con il fatto che, secondo molti analisti, la maggior rivoluzione in atto nell’automotive non sarebbe tanto quella – seppure molto percepita – del passaggio dai motori a benzina e diesel alla propulsione elettrica a batteria, quanto piuttosto la sempre più elevata connessione alla Rete e gli obiettivi di automazione della guida che fanno preconizzare un massiccio aumento delle vendite di servizi come lo streaming di musica e video o di assistenza alla guida.

Secondo quanto riportato da The Guardian, la società di consulenza McKinsey ha previsto che le case automobilistiche potrebbero guadagnare fino a 1,5 trilioni di dollari in ricavi extra implementando nuovi servizi che vanno dal ride hailing (il servizio a richiesta di vettura più autista), alle app per auto e agli aggiornamenti del software wireless. E, ovviamente, molti servizi potrebbero rivelarsi assai più redditizi per le case automobilistiche se riuscissero a raccogliere più dati possibile sui clienti, consentendo così la loro personalizzazione e il miglioramento del prodotto.

Nella pagina informativa dell’indagine di Mozilla non è specificato l’esatto perimetro territoriale, ma alcuni chiari riferimenti presenti al suo interno fanno intendere che la ricerca si sia svolta in ambito statunitense, tant’è che, ad esempio, nel rappresentare che la maggior parte (92%) dei produttori analizzati dà ai guidatori poco o nessun controllo sui propri dati personali, cita come eccezione due marchi europei (in effetti facenti riferimento ad un solo produttore), che – essendo assoggettati alla normativa dell’UE – affermano chiaramente il diritto degli utenti di ottenere la cancellazione dei propri dati personali.

Insomma, le conclusioni assai preoccupanti di Mozilla potrebbero risultare almeno in parte temperate nel “vecchio continente”, ma un’occhiata all’informativa resa dal produttore della nostra automobile potrebbe essere utile, anche eventualmente per attivare i meccanismi di “protezione” previsti dal nostro ordinamento.

privacy rubrica

MG Research avvia la collaborazione con il Centro Studi Privacy e Nuove Tecnologie, un’associazione senza scopi di lucro, costituitasi alcuni anni fa per volontà di un gruppo di esperti in materia di protezione dati, sicurezza informatica, statistica, sociologia e comunicazione. Il Centro Studi ha l’obiettivo di indagare gli impatti della rapida evoluzione tecnologica, che apre problematiche e questioni importanti sui temi del diritto alla protezione dei dati personali. (www.centrostudipnt.org).

In questo ambito, MG Research e il Centro studi hanno già pianificato interessanti iniziative di indagine sociale, che saranno pubblicate in questa nuova sezione del nostro sito web.

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Comunicazione d’impresa sempre più social e immersiva

Silvia Strampelli

La ricerca condotta da Mg Research sulle tendenze della comunicazione d’impresa 2023 ha previsto due focus group preliminari di ascolto dei destinatari della comunicazione (operativi e front line; quadri e dirigenti) e un’indagine quantitativa realizzata su 114 manager e operatori della comunicazione d’impresa, dipendenti di imprese associate Ascai, tramite sistema CAWI.

1. Proprio nel momento in cui le tecnologie ridisegnano le muove modalità organizzative per l’impresa e per il lavoro, la “comunicazione interna” si conferma avere una rilevante funzione strategica d’innovazione.

L’85,1% delle aziende intervistate ha una funzione specifica di comunicazione interna; essa è collocata nell’area Personale e Organizzazione, per le aziende medio-piccole, e nell’area Direzione Comunicazione, per le aziende medio-grandi.

2. Riguardo gli strumenti di comunicazione i dati indicano che i mezzi digitali introdotti negli ultimi anni – dalle intranet aziendali ai workplace – rimarranno ancora centrali, così come l’App dell’azienda sembra continuare ad interessare i dipendenti, mentre le nuove tecnologie digitali e immersive, a partire dall’Intelligenza Artificiale, cominciano ad affacciarsi in attività sperimentali.

Interessante anche notare come anche la comunicazione d’impresa abbia acquisito una forma di mobilità, essendo i cellulari sempre più d’uso e lo stesso Whatsapp richiesto da alcune fasce della popolazione interna per comunicazioni più informali. L’editoria aziendale si riduce ancora, ma sembra destinata a essere utilizzata per comunicazioni specifiche e con maggiore qualità.

3. Centrale rimane il tema del rapporto tra tecnologia e socializzazione. I dati ci dicono che nonostante l’introduzione massiccia di connessioni virtuali, la partecipazione rimane ancora una forma importante (gli eventi aziendali non diminuiscono di importanza).

Le modalità d’incontro e di socializzazione diventano più mirate e con maggiore valore esperienziale.

Gli intervistati sono convinti che l’identità sia ancora un concetto centrale nelle politiche di socializzazione delle imprese.

4. Ascolto strutturato e misurazione dell’efficacia comunicativa continuano a essere ritenute ancora importanti per la comunicazione; ma è soprattutto sulla formazione che gli intervistati puntano, segnalando proprio la necessità di sviluppare nuove capacità di gestione delle attività comunicative, proprio per far fronte al rapido arricchimento degli strumenti comunicativi e alle forme virtuali e immersive delle nuove tecnologie legate all’intelligenza artificiale a Metaverso e alle forme di realtà aumentata e virtuale.

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Il sondaggio realizzato da Mg Rsearch in esclusiva per l’Espresso è stato condotto su un campione di 500 giovani tra i 16 e i 26 anni intervistati con tecnica Cawi.

Tra la cosiddetta Generazione X (i giovani sotto i 26 anni) e la politica c’è sfiducia e delusione, non sentendosi rappresentata dall’attuale classe politica. Rimane però nei giovani voglia di futuro e di partecipazione, e un obbligo per la politica di rispondere positivamente a non lasciare che i giovani percorrano in massa la strada del lavoro all’estero.

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La nuova economia rilanciata dalla Cultura

a colloquio con Luca Dal Pozzolo, Fondazione Fitzcarraldo

a cura di Gianfranco Valleriani

La sostenibilità legata alle istituzioni e ai beni culturali sarà uno dei temi più importanti dell’agenda di sviluppo del nostro paese. Approfondiremo il tema, sotto molteplici punti di vista, con esperti e operatori culturali. Il primo incontro è con Luca Dal Pozzolo, della Fondazione Fitzcarraldo di Torino, da decenni punto di riferimento delle politiche culturali in Italia.

Mg Research è membro del Centro di Eccellenza del Distretto Tecnologico dei Beni Culturali del Lazio.

Come si stanno muovendo le istituzioni culturali – fetta importante di PIL nazionale stimata attorno al 13% – sul tema della sostenibilità?

Il tema “sostenibilità e musei” nel mondo anglosassone è molto forte e affrontato in maniera decisa in molti musei, da qualche tempo. Da noi si va un po’ più a rilento, però si sta entrando nell’aggiornamento, i temi sono molto complicati e bisogna trovare i modi adeguati per affrontarli.

La Compagnia di San Paolo, con la Fondazione, ha realizzato incontri sui temi della performing art e sostenibilità. Da quell’esperienza viene fuori il grande sforzo che anche istituzioni culturali, con problemi di sopravvivenza e budget limitati a disposizione, fanno per affrontare le questioni legate all’economia circolare e alla riduzione del carbon footprint. E percepiscono, al contempo, che con le questioni legate alla sostenibilità, l’asticella della gestione economica delle loro istituzioni si alzata, rendendo ancor più problematica la gestione.

Se è vero che tutto ciò è parte non secondaria del problema, occorre anche prendere atto che l’impegno per la sostenibilità è un processo inarrestabile da affrontare. I musei hanno tantissime cose da fare e sulle quali intervenire. Quello che è fondamentale, è comprendere che alla base di tutto, c’è il cambio di atteggiamento. Bisogna essere consapevoli e accettare che le tante questioni legate alla sostenibilità entrino nei processi di gestione di un museo e delle cose alle quali dare maggiore attenzione. A partire anche dalle questioni più semplici, essendo la sostenibilità declinabile in tantissimi modi.

La California Academy of Sciences ha la certificazione LEED platino e afferma che la sua missione è essere il museo più verde del mondo. L'edificio del museo, progettato da Renzo Piano, è stato aperto al pubblico nel 2008. Ha molte caratteristiche sostenibili diverse, dal suo Living Roof di 2,5 acri al suo seminterrato all'avanguardia.

La California Academy of Sciences ha la certificazione LEED platino e afferma che la sua missione è essere il museo più verde del mondo. L'edificio del museo, progettato da Renzo Piano, è stato aperto al pubblico nel 2008. Ha molte caratteristiche sostenibili diverse, dal suo Living Roof di 2,5 acri al suo seminterrato all'avanguardia.

Partiamo intanto dalle cose più complesse.

C’è, innanzitutto, la sostenibilità dell’edificio. È evidente che se si progetta un museo nuovo, come accade anche per le abitazioni, possono essere adottati da subito tutti i parametri di sostenibilità previsti, com’è stato nel caso del Muse di Trento. Diverso è il discorso per gli edifici storici, per la Galleria Borghese o il Palazzo Barberini. Ovviamente ci sono possibilità di miglioramento anche per l’edificio storico, ma sono interventi “specifici” per quell’edificio, non standard, come possono essere il cappotto termico e i pannelli fotovoltaici. Probabilmente alcune stanze possono essere isolate meglio; si può limitare il consumo di acqua, recuperando l’acqua interamente o in parte, istruire il personale per avere comportamenti ecologicamente adeguati.

Ma anche per mettere in atto tutti questi piccoli interventi di miglioramento è necessario il cambio di paradigma. Non so se sia necessario avere in tutti musei, date le loro diverse dimensioni, un “green manager” o una funzione specifica che faccia il punto delle procedure. Può anche essere il direttore stesso che ponga il tema della sostenibilità tra le azioni del suo programma di gestione e lo condivida con lo staff. Un “green management” è comunque necessario.

museo-scienze-di-prato

Il MuSe, inaugurato a Trento nel 2013, è un museo ecosostenibile conosciuto ormai in tutta Italia e nel mondo. Il museo, progettato da Renzo Piano, ha ottenuto il 13 giugno 2013 la certificazione LEED Gold, rilasciata dall’ente certificatore Green Building Certification Institute di Washington D.C. Si tratta del primo museo sostenibile italiano che ha ricevuto tale certificazione.

Il tema della conservazione è un ambito importante sotto il profilo della sostenibilità.

Assolutamente. Ad esempio, tenere i reperti in una teca climatizzata entro un rettangolo virtuale stretto, che ha come dimensioni l’intervallo delle temperature e dell’umidità ammissibili, ha un costo che cresce con il restringersi dei margini di oscillazione: più i valori sono prescrittivi e puntuali, maggiore è il dispendio di energia per mantenere i valori stabili sulle soglie definite.
Molte volte i valori utilizzati in questi casi non sono frutto di ricerche recenti, o di valutazioni specifiche, o ancora, a volte, vengono assunti acriticamente: una revisione attenta delle soglie ammissibili e una valutazione ad hoc potrebbero tradursi in una risparmio non indifferente di barili di petrolio.
La famosa mummia del Similaun è collocata in una teca che deve portarla dalla condizione climatica di ritrovamento nel ghiacciaio a una condizione in cui possa essere mantenuta in condizioni ambientali completamente diverse. Dunque, è sottoposta a un lento processo di essiccazione che utilizza una tecnologia del tutto particolare e ha un costo di gestione che si avvicina al milione di euro l’anno. È chiaro che ci troviamo di fronte a un caso molto particolare che richiede quel trattamento specifico, pena la perdita del reparto. Per altri materiali, per esempio i cristalli di quarzo, la climatizzazione della teca non assume la stessa importanza.

Il-Museo-dell-Arte-Salvata

Il Museo dell’Arte Salvata, Aula Ottagona delle Terme di Diocleziano, una delle quattro sedi del Museo Nazionale Romano, istituzione che comprende anche gli spazi di Palazzo Massimo, Palazzo Altemps e Crypta Balbi.

Sull’aspetto allestivo il principio sostenibilità può essere un limite?

Già oggi esistono i Criteri Ambientali Minimi (CAM) che pongono il problema dello smaltimento e del riutilizzo dei materiali. Una mostra importante può avere centinaia di metri quadrati di cartongesso e di supporti vari. Quindi, è necessario pensare a strutture che vengano parzialmente riutilizzate senza costi aggiuntivi, evitando di portare i materiali a discarica, perché non più riutilizzabili.

Un tema aperto è il rapporto con il territorio, sia per l’impatto della mobilità sull’ambiente, sia per i benefici tra istituzioni culturali e comunità locali.

C’è un modello di sviluppo, che affascina gli amministratori locali e, di riflesso, anche alcuni gestori di musei, ed è quello che ha come parametro di crescita la quantità visitatori, cioè il pubblico. Io credo che questo parametro, anche dal punto di vista della sostenibilità, non abbia lo stesso significato per tutti i musei.
Il Louvre, gli Uffizi, il Metropolitan o lo Smithsonian sono centri culturali d’importanza mondiale ed è logico richiamino milioni di persone da tutto il mondo. Non è automatico né sensato, in questi casi, raccomandare di evitare i viaggi per limitare i consumi CO2. Ciò non toglie, certo, che ci si interroghi su come gestire i flussi in maniera più sostenibile possibile. Si tratta di un lavoro che le istituzioni devono affrontare assieme alle città e alle amministrazioni locali per mettere in campo un sistema di mobilità il più sostenibile possibile.
Non credo però che il piccolo museo sia obbligato ad avere lo stesso modello di sviluppo. In questo caso siamo in presenza di un’attrattività legata al territorio, perché i piccoli musei possono svolgere un’importante funzione sulla realtà locale. Pensiamo a tutti i musei antropologici, che hanno spesso materiali storici – anche molto importanti – legati alla tradizione del posto; possono coinvolgere le scuole con programmi didattici e formativi sulla condizione dei contadini dei secoli passati, dell’evoluzione dell’agricoltura etc … con un lavoro interessante, utile e coerente con gli obiettivi della sostenibilità.

Foto di Explora Museo dei bambini di Roma via Flickr

Foto di Explora Museo dei bambini di Roma via Flickr

Però noi sappiamo quali sono le difficoltà economiche dei musei, per cui il tema dei visitatori rientra con prepotenza.

La sostenibilità economica dei musei non dipende solo dai visitatori. Si è visto con il Covid. I musei più danneggiati dal Covid sono stati proprio i più virtuosi da un punto di vista economico e della capacità di attivare risorse proprie. I musei che facevano conto su di un importante “sbigliettamento” si sono ritrovati in grande difficoltà, perché quando il pubblico è mancato, è venuta meno una risorsa di primaria importanza; i piccoli musei, con una forte incidenza di finanziamento pubblico, paradossalmente, in molti casi, sono riusciti a sopravvivere meglio. Dunque, ha senso richiamarsi al grande pubblico se il museo ha materiale importante per un pubblico allargato; se invece ha cose importanti ma per un pubblico locale, ristretto cioè geograficamente ma che può non essere ristretto numericamente, il programma è diverso. La sostenibilità economica della struttura deve volgere verso un’alleanza con le istituzioni locali, con le scuole, con il sistema della sanità, con le case di riposo, voglio dire che si può anche costruire un modello economico che non debba aspirare al grande pubblico mondiale, che comunque non avrà mai, se non nei sogni chimerici del sindaco di turno.

La Festa dei musei. Il programma prevede attività all’interno dell’Orto Botanico di Siena.

La Festa dei musei. Il programma prevede attività all’interno dell’Orto Botanico di Siena.

Il tema dell’attenzione alla disabilità e alle fasce deboli riguarda in generale tutti musei, anche in un’ottica di sostenibilità sociale.

Assolutamente. Il Covid ha fatto emergere contraddizioni ed elementi di novità di grande portata. Musei e teatri di tutte le regioni hanno investito per raggiungere tutte le misure di sicurezza previste per contrastare la diffusione del virus e hanno avanzato la richiesta affinché le scuole potessero usufruire delle centinaia di metri quadri che le strutture culturali avevano a disposizione, per fare una didattica congiunta con chi lavorava nei teatri nei musei, etc… La proposta, di fatto, non ha avuto né seguito né impatto; certo non voglio sottovalutare le difficoltà organizzative che si presentavano, spesso, però, sono i problemi burocratici a costituire il vero impedimento. Quel progetto avrebbe potuto dare un senso diverso e speciale a un’esperienza innovativa condivisa tra scuola e mondo della cultura. Ovviamente il progetto può essere sviluppato anche in momenti di non emergenza, organizzandosi meglio nei modi e nei tempi.

La questione della funzione sociale, come quello della sostenibilità, non mi pare sia stato fin qui di grande attenzione, salvo con rare eccezioni, da parte delle istituzioni museali.

I Musei toscani, ad esempio, hanno fatto una rete di “musei per l’Alzheimer” e si è capito che l’arte è molto importante per questo tipo di problematica. L’arte stimola una comunicazione non verbale che nei malati di Alzheimer, attiva ricordi e richiama aree del cervello non impegnate nella comunicazione usuale. L’altro aspetto importante riguarda gli accompagnatori, i care giver che per due ore riescono a ritrovare un po’ di energia, abbassando il rischio di burn out di questa difficile e impegnativa funzione di assistenza.

Musei Toscani per l Alzheimer - Foto scattata prima dell emergenza Covid-19

MTA - Musei Toscani per l'Alzheimer, il Sistema supportato dalla Regione Toscana per rendere accessibile l'arte e la cultura alle persone che affrontano la sfida di vivere con la demenza.

Sulla sostenibilità ci sono differenze solo tra musei o c’è anche problematica geografica?

Possiamo dire che il Nord Europa è in generale più attento, così come il mondo anglosassone Poiché nel Nord il concetto di responsabilità sociale è più diffuso, la sostenibilità entra più facilmente nella cultura sociale. Spesso, nel nostro caso, si è più centrati sul tema della cultura in quanto tale, il resto conta meno.
Inoltre, come dicevamo, le nostre istituzioni che sono oggettivamente in difficoltà economica, spesso percepiscono la sostenibilità come un aggravio insopportabile, secondo me erroneamente. Come è stato per la sicurezza, che all’inizio fu percepita come un fardello da non poter sopportare, le pratiche attive mutano i comportamenti fino a raggiungere un nuovo equilibrio. I comportamenti anche individuali possono cambiare a fronte di un investimento collettivo. Chi di noi negli anni 80 avrebbe mai pensato che, da un giorno all’altro, non si sarebbe potuto più fumare al cinema, negli autobus o nei ristoranti?

Ci potranno essere dei parametri di certificazione o di misurazione della struttura museale, anche per orientare il manager

Attualmente, per ciò che concerne la sostenibilità, ci si attiene alle certificazioni esistenti sugli edifici museali e sulle attività. Ma aldilà di questi aspetti, io credo che il museo possa essere un centro di diffusione di consapevolezza della sostenibilità, cioè fare scuola di sostenibilità, se ovviamente il tema è nel suo paradigma, partendo proprio dalle cose che fanno e raccontando la propria esperienza.
I musei scientifici sono più consapevoli dell’importanza della biodiversità, della sostenibilità, dell’impatto dell’opera umana sull’ambiente. Per esempio il Muse di Trento da sempre ha una fortissima attenzione a questi ai temi che esporta in maniera forte anche all’interno dell’Icom Italia (International Council of Museums). L’importante è che l’abbiano anche i musei d’arte e i musei di storia.

Lo Smithsonian National Museum of the American Indian

Lo Smithsonian National Museum of the American Indian, Washington D.C., promuove un'esperienza umana condivisa attraverso la comprensione dei popoli nativi indigeni che hanno una ricca storia di rispetto e protezione dell'ambiente. Nel 2011 l'edificio è stato premiato con il rating silver LEED del Green Building Council degli Stati Uniti. Poi, nel 2016, è stato certificato nuovamente a livello gold.

Luca Dal Pozzolo, Fondazione Fitzcarraldo, è direttore collana Geografie Culturali e direttore Osservatorio Culturale Piemonte. È autore di studi e saggi nel settore dell’arte e della progettazione culturale. Tra le sue recenti pubblicazioni ricordiamo: Luca Dal Pozzolo, Patrimonio culturale tra memoria, lockdown e futuro, Geografie culturali, Torino, 2021; Luca Dal Pozzolo, Esercizi di sguardo, Cultura e percezione del quotidiano, Geografie culturali, Torino, 2019.

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La crisi energetica spinge alla transizione elettrica dell’Europa

European Electricity Review 2023 – L’analisi di Ember sull’elettricità dell’UE transizione nel 2022: cosa è successo in 2022 e cosa possiamo aspettarci per il 2023 di Dave Jones, Head of Data Insights, Ember.

Executive summary: traduzione e cura di MgResearch

La risposta politica dell’Europa all’invasione russa dell’Ucraina nel 2022 è stata quella di accelerare la sua transizione elettrica. Ora ci si concentra sulla rapida riduzione della domanda di gas, contemporaneamente alla graduale eliminazione del carbone. Ciò significa che è in arrivo un massiccio aumento dell’energia pulita. Nel 2022, eolico e solare hanno generato un quinto record dell’elettricità dell’UE (22%), superando per la prima volta il gas fossile (20%) e rimanendo al di sopra del carbone (16%). Tuttavia, l’allontanamento dai combustibili fossili più consistente è stato bloccato dalla doppia crisi del sistema elettrico europeo nel 2022. Un anno di siccità in tutta Europa ha portato al livello più basso di produzione di energia idroelettrica almeno dal 2000, e ci sono stati diffusi interruzioni nucleari francesi inaspettate proprio mentre le unità nucleari tedesche stavano chiudendo.

Grafico-articolo_Europa_elettrica

LE CRITICITÀ 2022
RALLENTANO LA PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA PULITA

Ciò ha creato un ampio divario di generazione di 185 TWh, pari al 7% della domanda totale di elettricità in Europa nel 2022. Cinque sesti del divario sono stati compensati da una maggiore produzione eolica e solare e da un calo della domanda di elettricità. Ma il restante sesto è stato raggiunto da una maggiore generazione di fossili. Poiché il carbone era meno costoso del gas, il carbone ha rappresentato la maggior parte dell’aumento, aumentando del 7% (+28 TWh) nel 2022 rispetto al 2021. Di conseguenza, le emissioni del settore energetico dell’UE sono aumentate del 3,9% (+26 MtCO2) in 2022 rispetto al 2021. La produzione di gas è rimasta pressoché invariata (+0,8%) e poiché il gas era già più costoso del carbone nel 2021, nel 2022 non vi è stato alcun ulteriore passaggio dal gas al carbone.
Poteva andare molto peggio: eolico, solare e un calo della domanda di elettricità hanno impedito un ritorno molto maggiore al carbone. Nel contesto, l’aumento non è stato sostanziale: l’energia da carbone è aumentata di appena 1,5 punti percentuali per generare il 16% dell’elettricità dell’UE nel 2022, rimanendo al di sotto dei livelli del 2018. L’aumento di 28 TWh nella produzione di carbone dell’UE ha aggiunto solo lo 0,3% alla produzione globale di carbone.
Il 2023 sarà esattamente l’opposto. La produzione idroelettrica riprenderà, le unità nucleari francesi torneranno, la diffusione di energia eolica e solare accelererà e la domanda di elettricità continuerà probabilmente a diminuire nei prossimi mesi. Nel 2023, l’Europa assisterà a un enorme calo dei combustibili fossili: energia a carbone, sì, ma soprattutto energia a gas.

Sustainable Energy Technology

LA POTENZA DEL CARBONE DELL’EUROPA DIMINUISCE

La produzione da carbone è diminuita in tutti e quattro gli ultimi mesi del 2022. È diminuita del 6% (-9,6 TWh) da settembre a dicembre rispetto agli stessi mesi del 2021. Ciò è stato causato principalmente dal calo della domanda di elettricità. Le 26 unità a carbone riportate come standby di emergenza hanno funzionato con un utilizzo medio di appena il 18% per tutto il quarto trimestre del 2022; nove delle 26 unità non hanno fornito alcuna generazione. Queste aggiunte in standby hanno aggiunto solo lo 0,9% alla produzione di carbone dell’UE nel 2022. Nonostante abbia importato 22 milioni di tonnellate di carbone in più nel corso del 2022, l’UE ne ha utilizzato solo un terzo e i due terzi in eccedenza sono rimasti inutilizzati. Forse la cosa più incoraggiante è che i paesi rimangono impegnati a eliminare gradualmente il carbone come lo erano prima della crisi.

LA DOMANDA DI ELETTRICITÀ HA INIZIATO A DIMINUIRE RAPIDAMENTE

La domanda di elettricità dell’UE ha iniziato a diminuire rapidamente, diminuendo del 7,9% nel quarto trimestre del 2022 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, avvicinandosi in scala al calo del 9,6% osservato nel secondo trimestre del 2020 quando l’Europa era in isolamento. Questa tendenza è stata osservata in tutti i paesi dell’UE. Prima di ottobre, la caduta era molto meno notevole. Tutti e tre i mesi del quarto trimestre del 2022 sono stati più caldi rispetto al 2021, ma il tempo da solo non spiegherebbe cadute così grandi. È probabile che i tagli temporanei siano stati guidati in gran parte da problemi di accessibilità, insieme alla solidarietà di molti cittadini per ridurre la domanda di energia in un momento di crisi e miglioramenti nell’efficienza energetica. La transizione alla fine porterà a un forte aumento della domanda attraverso l’elettrificazione. E con l’aumento delle pompe di calore, dei veicoli elettrici e degli elettrolizzatori nel 2022, è evidente che questo cambiamento avverrà rapidamente. Non dobbiamo permettere che l’attuale calo della domanda rallenti la diffusione dell’energia pulita.

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RLA CRESCITA DI ENERGIA SOLARE È APPENA INIZIATA

La produzione solare è aumentata di un record di 39 TWh (+24%) nel 2022, contribuendo a evitare 10 miliardi di euro di costi del gas. Ciò è dovuto a installazioni record di 41 GW nel 2022, il 47% in più rispetto a quelle aggiunte nel 2021. Venti paesi dell’UE hanno raggiunto la loro quota più alta di sempre di elettricità solare. I Paesi Bassi erano i leader, producendo il 14% della sua energia dal solare, superando per la prima volta la produzione di carbone. La Grecia ha funzionato esclusivamente con fonti rinnovabili per cinque ore in ottobre e dovrebbe raggiungere il suo obiettivo di capacità solare di 8 GW per il 2030 entro la fine del 2023, sette anni prima. Per la prima volta, l’eolico e il solare hanno raggiunto oltre un quinto (22%) dell’elettricità dell’UE nel 2022.

Grafico articolo

LA PRODUZIONE DI GAS PREVISTA PER UN CALO RECORD NEL 2023

La generazione di combustibili fossili è aumentata del 3% nel 2022. Sulla base delle ultime proiezioni del settore, ciò non si ripeterà nel 2023. EDF prevede che molte delle sue centrali nucleari francesi torneranno nel 2023 (e molte sono già online), i gruppi europei dell’industria eolica e solare mostrano che la produzione solare ed eolica dovrebbe aumentare di circa il 20%, gli stock idroelettrici si sono quasi normalizzati e la domanda di elettricità probabilmente continuerà a diminuire a breve termine. L’unico freno sarà la caduta del nucleare mentre la Germania completa la sua graduale eliminazione. Sulla base di queste indicazioni del settore, Ember stima che la generazione da combustibili fossili potrebbe precipitare del 20% nel 2023, il doppio del record precedente del 2020. La produzione di carbone diminuirà, ma quella di gas diminuirà più rapidamente, poiché si prevede che rimarrà più costosa di carbone almeno fino al 2025 sulla base degli attuali prezzi a termine. Il settore energetico sarà probabilmente il segmento in più rapida diminuzione della domanda di gas durante il 2023, contribuendo a riportare la calma nei mercati europei del gas mentre l’Europa si adatta alla vita senza il gas russo.

©mgresearch2023

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a colloquio con Angelo Cianciosi…

Con Angelo Cianciosi, Amministratore Delegato di Mg Research, iniziamo una serie di colloqui con il team di Mg Research, una rete di competenze diversificate che integrano con passione l’innovazione sulle tecnologie di ricerca, con l’analisi delle questioni economiche, sociali e culturali più importanti del momento.

Abbiamo diviso la lunga e interessante chiacchierata sul Metaverso in due puntate: la prima sul rapporto con mondo del business; la seconda sull’utilizzo nelle metodologie di indagine e nelle ricerche di mercato.

Metaverso dopo Second Life

Quando cominciamo a usare Metaverso nella riflessione sulle nuove tecnologie?

Possiamo far risalire il primo utilizzo del termine al 1992 nella letteratura cyberpunk, per descrivere una realtà parallela al mondo reale. Negli anni ci sono poi stati altri tentativi, come Second Life, che assomigliava molto a Metaverso, ma con tecnologie meno evolute.

Il termine Metaverso è venuto recentemente alla ribalda quando Zuckerberg ha deciso di investire in quello che lui considera nuova generazione di Facebook, capace di creare intrattenimento interattivo con le tecnologie immersive oggi a disposizione: realtà aumentata, realtà virtuale, avatar, cloni, anche intelligenza artificiale per creare dei nuovi mondi con paradigmi particolari, sia per quanto riguarda la vita quotidiana sia per quella professionale.

Quale potrebbe essere una definizione di Metaverso?

Non ci sono definizioni esatte su Metaverso. Sicuramente è un insieme di mondi virtuali che sono interconnessi e popolati da Avatar che cercano non solo di imitare la realtà ma di aumentarla. È lo sviluppo delle capacità umane verso frontiere diverse da quelle che delimitano lo spazio fisico in cui siamo. In questo nuovo mondo, attraverso appunto un avatar, ci creiamo anche una nuova identità che noi stessi decidiamo di assumere, che possono essere simili a quella nostra reale ma anche completamente diverse.

metaverso

Avatar, 3D, criptovalute

Come si entra nel mondo Metaverso?

Per entrare in questo nuovo mondo – che combina video, realtà virtuale e realtà aumentata – abbiamo bisogno di alcuni strumenti: un visore e dei sensori da collegare a un computer, una buona connessione di rete e una piattaforma a scelta tra quelle esistenti.

Come si struttura una piattaforma Metaverso?

Il Metaverso si compone di diversi livelli. Un primo livello riguarda gli enablers, cioè gli elementi che ti permettono di entrare nel mondo virtuale: un sistema monetizzazione spesso in crypto valuta, la creazione di un’identità attraverso un avatar e tutta la parte legata alla sicurezza e alla privacy, come accade nella maggior parte dei sistemi interattivi odierni. Un secondo livello riguarda l’infrastruttura e il software: quello che occorre fisicamente per entrare nel mondo Metaverso: dal computer al visore, alle connessioni. Un terzo livello riguarda le Piattaforme: cioè l’uso di una piattaforma in 3D che ti abiliti ad accedere al nuovo mondo. Al livello più alto abbiamo i contenuti e l’esperienza dei mondi virtuali, comprese le applicazioni necessarie.

Il Business sul Metaverso

È un sistema complesso. Quali settori del business stanno usando queste piattaforme e quali si presterebbero meglio all’utilizzo di Metaverso?

I settori che stanno cominciando ad utilizzare Metaverso sono diversi, molti di essi avevano alle spalle esperienze di utilizzo delle piattaforme virtuali.

Il mondo del gaming è sicuramente a un livello avanzato, poiché ha una consolidata esperienza con la virtualità e con il mondo 3D. Nel fashion c’è stato un grande investimento negli ultimi anni, recuperando il gap che avevano sul web 2.0. Così molti brand come Gucci, Dolce & Gabbana, LV, Etro, Zara, H&M, Benetton e Bulgari hanno aperto i loro flagship store nei Metaverse Fashion District creando per gli utenti delle vere e proprie esperienze immersive. Ne è un esempio la Metaverse Fashion Week, cha ha avuto luogo lo scorso marzo nella piattaforma Decentraland.

Un altro settore che utilizza da tempo il mondo virtuale 3D è quello della formazione, e dai semplici corsi on line si sta muovendo oggi verso piattaforme immersive e virtuali.

Io credo che Metaverso possa rappresentare uno strumento di potenziale sviluppo per l’intero comparto creativo – dall’arte al teatro alla pittura al design – sia nella produzione creativa sia in quella espositiva e allestitiva. Poi c’è ovviamente il turismo, a cui le piattaforme Metaverso potrebbero dare un grande contributo, permettendo di riscostruire mondi antichi, città scomparse e personaggi dell’epoca, oppure vedere le high line delle città che visitano. Metaverso, dunque, non come alternativa al viaggio, ma come approfondimento prima, durante e dopo il viaggio.

Nel periodo del Covid è stato utilizzato massicciamente lo smart working, prefigurato come una sorta di telelavoro. L’esperienza può essere migliorata con Metaverso, proprie per le forme di interazione più complesse che riesce ad offrire.

(Anche il settore immobiliare può essere applicato nel Metaverso, dato che anni fa è stato già sperimentato una sorta di real estate con Second Life.)

Per quanto riguarda le aziende, oltre alle Vendite online (e-commerce), c’è tutto il comparto CRM – dal Servizio clienti e i contatti commerciali fino all’assistenza e al marketing. Tuttavia affinché il Metaverso si diffondi in queste realtà è necessario che ci siano condizioni di partenza meno limitanti rispetto a quelle attuali.

Metaverso-1

I limiti del Metaverso

Quali sono i limiti più evidenti per lo sviluppo di Metaverso?

Le problematiche di fondo sono la mancanza di standard comuni e quella di una interoperabilità che possa spingere gli abitanti dei “nuovi mondi” a creare nuovi contenuti.

Anni addietro McKinsey stimava che il mercato del Metaverso nel 2030 potesse valere attorno ai 4-5 trilioni di dollari, ma andando a vedere i numeri odierni scopriamo che le previsioni erano troppo ottimistiche. L’investimento che va fatto in Metaverso si configura troppo alto rispetto ai ritorni che si possono ottenere.

L’ambito della ricerca è un altro aspetto che limita l’uso di Metaverso. Oggi siamo abituati ad usare un motore di ricerca per arrivare a quello che vogliamo. Nel Metaverso ogni piattaforma ha un proprio mondo e noi possiamo scegliere solo quello che offre quella piattaforma, non esistendoci interoperabilità tra piattaforme, per cui dobbiamo spostarci noi nelle diverse piattaforme.

Inoltre, c’è anche una problematica relativa al costo dell’attrezzatura necessaria per accedere al Metaverso: un computer aggiornato in grado di gestire grafiche complesse e pesanti; un visore, che ci permette di entrare nel mondo cyber e una connessione potente, preferibilmente in fibra, per un’esperienza di navigazione fluida.

Quali sono le piattaforme più avanzate nella configurazione dei mondi metaverso?

Secondo le ultime ricerche, ci sono 141 mondi virtuali, ma solo alcuni di essi stanno attirando l’interesse globale degli investitori. In particolare, Decentraland, The Sandbox e Roblox sembrano essere tra i più attraenti per loro.

DECENTRALAND è il Metaverso meglio strutturato. E’ una piattaforma fondamentalmente videoludica open source costruita sulla blockchain di Ethereum. La valuta utilizzata per le transazioni è il MANA e oltre che per acquistare o vendere spazi di terra, è usata come moneta con cui comprare contenuti digitali, NFT, servizi pubblicitari e altro.

THE SANDBOX è oggi forse il Metaverso più celebre e anche quello che si sta muovendo meglio a livello mediatico. The Sandbox è dunque un Metaverso il cui motore sono gli utenti che la popolano e che creano luoghi da visitare e oggetti da utilizzare. Tutto il mondo virtuale è collegato alla blockchain di Ethereum e qualsiasi elemento digitale è considerato come un NFT che può essere creato, acquistato e scambiato.

META è il progetto che doveva o dovrebbe portare Facebook nella terza dimensione, avvalendosi dei visori Oculus. Meta mira a essere il punto d’incontro tra Facebook, Instagram, WhatsApp e Oculus, ossia le tecnologie in mano a Meta. Parliamo quindi di un luogo nel quale le esperienze saranno sempre più sincrone e in tempo reale, e indipendenti dai servizi e dalle app che oggi delimitano il perimetro della nostra socialità digitale. Un grande progetto che però, dopo diversi anni, sembra ancora immerso in una fase progettuale.

Tra le altre vorrei citare THE NEMESIS, che è la risposta italiana a DECENTRALAND e a THE SANDBOX, e le differenze sono minime: nel gioco sono presenti 10 pianeti, ognuno con una superficie distintiva. Ha una valuta interna (COINS) che però non è legata alla blockchain. Si potrà usare invece i NEMS, che al contrario sono una criptovaluta nella quale possono essere convertiti i COINS.

(La parte conclusiva del colloquio nella prossima puntata)

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La Piattaforma The Sandbox

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a colloquio con Angelo Cianciosi…

Con Angelo Cianciosi, Amministratore Delegato di Mg Research, iniziamo una serie di colloqui con il team di Mg Research, una rete di competenze diversificate che integrano con passione l’innovazione sulle tecnologie di ricerca, con l’analisi delle questioni economiche, sociali e culturali più importanti del momento.

Abbiamo diviso la lunga e interessante chiacchierata sul Metaverso in due puntate: la prima sul rapporto con mondo del business; la seconda sull’utilizzo nelle metodologie di indagine e nelle ricerche di mercato.

Metaverso dopo Second Life

Quando cominciamo a usare Metaverso nella riflessione sulle nuove tecnologie?

Possiamo far risalire il primo utilizzo del termine al 1992 nella letteratura cyberpunk, per descrivere una realtà parallela al mondo reale. Negli anni ci sono poi stati altri tentativi, come Second Life, che assomigliava molto a Metaverso, ma con tecnologie meno evolute.

Il termine Metaverso è venuto recentemente alla ribalda quando Zuckerberg ha deciso di investire in quello che lui considera nuova generazione di Facebook, capace di creare intrattenimento interattivo con le tecnologie immersive oggi a disposizione: realtà aumentata, realtà virtuale, avatar, cloni, anche intelligenza artificiale per creare dei nuovi mondi con paradigmi particolari, sia per quanto riguarda la vita quotidiana sia per quella professionale.

Quale potrebbe essere una definizione di Metaverso?

Non ci sono definizioni esatte su Metaverso. Sicuramente è un insieme di mondi virtuali che sono interconnessi e popolati da Avatar che cercano non solo di imitare la realtà ma di aumentarla. È lo sviluppo delle capacità umane verso frontiere diverse da quelle che delimitano lo spazio fisico in cui siamo. In questo nuovo mondo, attraverso appunto un avatar, ci creiamo anche una nuova identità che noi stessi decidiamo di assumere, che possono essere simili a quella nostra reale ma anche completamente diverse.

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Avatar, 3D, criptovalute

Come si entra nel mondo Metaverso?

Per entrare in questo nuovo mondo – che combina video, realtà virtuale e realtà aumentata – abbiamo bisogno di alcuni strumenti: un visore e dei sensori da collegare a un computer, una buona connessione di rete e una piattaforma a scelta tra quelle esistenti.

Come si struttura una piattaforma Metaverso?

Il Metaverso si compone di diversi livelli. Un primo livello riguarda gli enablers, cioè gli elementi che ti permettono di entrare nel mondo virtuale: un sistema monetizzazione spesso in crypto valuta, la creazione di un’identità attraverso un avatar e tutta la parte legata alla sicurezza e alla privacy, come accade nella maggior parte dei sistemi interattivi odierni. Un secondo livello riguarda l’infrastruttura e il software: quello che occorre fisicamente per entrare nel mondo Metaverso: dal computer al visore, alle connessioni. Un terzo livello riguarda le Piattaforme: cioè l’uso di una piattaforma in 3D che ti abiliti ad accedere al nuovo mondo. Al livello più alto abbiamo i contenuti e l’esperienza dei mondi virtuali, comprese le applicazioni necessarie.

Il Business sul Metaverso

È un sistema complesso. Quali settori del business stanno usando queste piattaforme e quali si presterebbero meglio all’utilizzo di Metaverso?

I settori che stanno cominciando ad utilizzare Metaverso sono diversi, molti di essi avevano alle spalle esperienze di utilizzo delle piattaforme virtuali.

Il mondo del gaming è sicuramente a un livello avanzato, poiché ha una consolidata esperienza con la virtualità e con il mondo 3D. Nel fashion c’è stato un grande investimento negli ultimi anni, recuperando il gap che avevano sul web 2.0. Così molti brand come Gucci, Dolce & Gabbana, LV, Etro, Zara, H&M, Benetton e Bulgari hanno aperto i loro flagship store nei Metaverse Fashion District creando per gli utenti delle vere e proprie esperienze immersive. Ne è un esempio la Metaverse Fashion Week, cha ha avuto luogo lo scorso marzo nella piattaforma Decentraland.

Un altro settore che utilizza da tempo il mondo virtuale 3D è quello della formazione, e dai semplici corsi on line si sta muovendo oggi verso piattaforme immersive e virtuali.

Io credo che Metaverso possa rappresentare uno strumento di potenziale sviluppo per l’intero comparto creativo – dall’arte al teatro alla pittura al design – sia nella produzione creativa sia in quella espositiva e allestitiva. Poi c’è ovviamente il turismo, a cui le piattaforme Metaverso potrebbero dare un grande contributo, permettendo di riscostruire mondi antichi, città scomparse e personaggi dell’epoca, oppure vedere le high line delle città che visitano. Metaverso, dunque, non come alternativa al viaggio, ma come approfondimento prima, durante e dopo il viaggio.

Nel periodo del Covid è stato utilizzato massicciamente lo smart working, prefigurato come una sorta di telelavoro. L’esperienza può essere migliorata con Metaverso, proprie per le forme di interazione più complesse che riesce ad offrire.

(Anche il settore immobiliare può essere applicato nel Metaverso, dato che anni fa è stato già sperimentato una sorta di real estate con Second Life.)

Per quanto riguarda le aziende, oltre alle Vendite online (e-commerce), c’è tutto il comparto CRM – dal Servizio clienti e i contatti commerciali fino all’assistenza e al marketing. Tuttavia affinché il Metaverso si diffondi in queste realtà è necessario che ci siano condizioni di partenza meno limitanti rispetto a quelle attuali.

Metaverso-1

I limiti del Metaverso

Quali sono i limiti più evidenti per lo sviluppo di Metaverso?

Le problematiche di fondo sono la mancanza di standard comuni e quella di una interoperabilità che possa spingere gli abitanti dei “nuovi mondi” a creare nuovi contenuti.

Anni addietro McKinsey stimava che il mercato del Metaverso nel 2030 potesse valere attorno ai 4-5 trilioni di dollari, ma andando a vedere i numeri odierni scopriamo che le previsioni erano troppo ottimistiche. L’investimento che va fatto in Metaverso si configura troppo alto rispetto ai ritorni che si possono ottenere.

L’ambito della ricerca è un altro aspetto che limita l’uso di Metaverso. Oggi siamo abituati ad usare un motore di ricerca per arrivare a quello che vogliamo. Nel Metaverso ogni piattaforma ha un proprio mondo e noi possiamo scegliere solo quello che offre quella piattaforma, non esistendoci interoperabilità tra piattaforme, per cui dobbiamo spostarci noi nelle diverse piattaforme.

Inoltre, c’è anche una problematica relativa al costo dell’attrezzatura necessaria per accedere al Metaverso: un computer aggiornato in grado di gestire grafiche complesse e pesanti; un visore, che ci permette di entrare nel mondo cyber e una connessione potente, preferibilmente in fibra, per un’esperienza di navigazione fluida.

Quali sono le piattaforme più avanzate nella configurazione dei mondi metaverso?

Secondo le ultime ricerche, ci sono 141 mondi virtuali, ma solo alcuni di essi stanno attirando l’interesse globale degli investitori. In particolare, Decentraland, The Sandbox e Roblox sembrano essere tra i più attraenti per loro.

DECENTRALAND è il Metaverso meglio strutturato. E’ una piattaforma fondamentalmente videoludica open source costruita sulla blockchain di Ethereum. La valuta utilizzata per le transazioni è il MANA e oltre che per acquistare o vendere spazi di terra, è usata come moneta con cui comprare contenuti digitali, NFT, servizi pubblicitari e altro.

THE SANDBOX è oggi forse il Metaverso più celebre e anche quello che si sta muovendo meglio a livello mediatico. The Sandbox è dunque un Metaverso il cui motore sono gli utenti che la popolano e che creano luoghi da visitare e oggetti da utilizzare. Tutto il mondo virtuale è collegato alla blockchain di Ethereum e qualsiasi elemento digitale è considerato come un NFT che può essere creato, acquistato e scambiato.

META è il progetto che doveva o dovrebbe portare Facebook nella terza dimensione, avvalendosi dei visori Oculus. Meta mira a essere il punto d’incontro tra Facebook, Instagram, WhatsApp e Oculus, ossia le tecnologie in mano a Meta. Parliamo quindi di un luogo nel quale le esperienze saranno sempre più sincrone e in tempo reale, e indipendenti dai servizi e dalle app che oggi delimitano il perimetro della nostra socialità digitale. Un grande progetto che però, dopo diversi anni, sembra ancora immerso in una fase progettuale.

Tra le altre vorrei citare THE NEMESIS, che è la risposta italiana a DECENTRALAND e a THE SANDBOX, e le differenze sono minime: nel gioco sono presenti 10 pianeti, ognuno con una superficie distintiva. Ha una valuta interna (COINS) che però non è legata alla blockchain. Si potrà usare invece i NEMS, che al contrario sono una criptovaluta nella quale possono essere convertiti i COINS.

(La parte conclusiva del colloquio nella prossima puntata)

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La Piattaforma The Sandbox

a colloquio con Angelo Cianciosi